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Venerdì 3 maggio 2024

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“Mai chiesto soldi ma solo di lavorare sempre” continua il processo sullo sfruttamento di lavoratori extracomunitari

Continua il processo sull'Operazione Momo che nel gennaio del 2019 portò alla luce, nel saluzzese di casi di sfruttamento della manodopera

La Guida - “Mai chiesto soldi ma solo di lavorare sempre” continua il processo sullo sfruttamento di lavoratori extracomunitari

Saluzzo – Il processo sullo sfruttamento della manodopera di lavoratori extracomunitari, che nel gennaio del 2019 portò alla luce, nel saluzzese, ha visto nell’ultima udienza la deposizione di uno degli imputati. La deposizione è stata di M.T., da tutti soprannominato Momo, da cui il nome dell'”Operazione Momo”, il giovane proveniente dal Burkina Faso accusato insieme ai titolari di due aziende della zona, una di frutta a Lagnasco e un allevamento di polli di Barge dei reati di sfruttamento e intermediazione illecita. M.T.,  entrato in Italia nel 2012 e dopo qualche anno arrivato a Saluzzo, trovò lavoro presso l’azienda agricola. Grazie alla sua conoscenza dell’italiano venne utilizzato come interprete per gli altri ragazzi che cercavano lavoro fino a diventare, secondo l’accusa sostenuta dalla dottoressa Carla Longo della Procura di Cuneo, reclutatore di lavoratori ed esercitando di fatto il potere di decidere chi doveva lavorare e chi no, traendone un vantaggio economico. I testimoni d’accusa hanno raccontato infatti di aver dovuto pagare dai 20 ai 50 euro mensili a Momo, “se non pagavo un mese perché avevo lavorato poco – aveva riferito uno dei testi – dovevo pagare il doppio il mese successivo, altrimenti non si creava un buon rapporto e lui non mi faceva più lavorare”.
Ascoltato dalla giudice, Momo ha negato di aver mai preteso soldi dai compagni di lavoro, “l’unica cosa che ci guadagnavo era far parte del gruppo di quelli che lavoravano sempre e che sarebbero stati lasciati a casa per ultimi – ha detto l’imputato in aula – certo, gli altri mi rispettavano; qualcuno mi dava sigarette, una birra. Una volta uno mi lasciò 50 euro sul cofano ma io glieli ho restituiti. Solamente che non volevo essere uno degli africani qualunque che dormono in strada”. Momo ha confermato le accuse dei suoi colleghi di lavoro nei confronti degli altri imputati,  i titolari della due aziende che avrebbero pagato i braccianti con una busta paga che non corrispondeva a quanto effettivamente lavorato, “c’era una busta paga e poi la paga vera. Sulla busta c’era scritto che prendevamo 9 euro l’ora per 7 giorni al mese. Noi invece lavoravamo tutti i giorni per 8/10 ore a 5 euro l’ora. Una parte la pagavano con bonifico, l’altra ci veniva data in contanti”. Da questa paga in contanti però venivano sottratti subito i soldi di luce e gas consumati nella cascina che l’azienda aveva messo a disposizione di circa 30/40 lavoratori. “potevamo pagare anche 80 euro per ognuno ogni mese – ha dichiarato Momo -. Una volta chiedemmo di vedere le bollette e per risposta ci lasciarono a casa per una settimana. Da quel momento ho solo fatto da traduttore se qualcuno voleva lamentarsi. Io avevo bisogno di lavorare e un posto dove dormire. Non era giusto ma era così”. A chiusura dell’anno lavorativo l’azienda prendeva indietro i soldi della chiusura del rapporto, “ci facevano firmare per la chiusura del rapporto – ha proseguito Momo – e ci facevano il bonifico di 50 euro davanti ai sindacati, ma poi li sottraevano dalla busta paga del mese dopo”. Tutti i contratti erano di pochi mesi, mentre coloro che ambivano alla carta di soggiorno e che quindi dovevano presentare un contratto annuale, dovevano pagare la differenza di tasca propria, “la differenza di contributi tra un contratto a 3 o 6 mesi dovevamo pagarla noi; la somma era di 304 euro da dividere per 4 perché si pagava ogni 3 mesi. Oltre a me altri 3 ragazzi avevano chiesto il contratto annuale per avere la carta di soggiorno”.

Diversa invece la situazione all’azienda di allevamento polli dove secondo Momo, smentendo le accuse degli altri colleghi che avevano dichiarato di non avere un contratto di lavoro e di ricevere dallo stesso Momo i soldi in contanti, “tutti avevano un contratto di lavoro regolare. Solo un ragazzo non aveva il contratto, ma era venuto solo una volta”. L’udienza è stata aggiornata al 15 novembre.

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