La situazione ad Aleppo è tragica, è di distruzione che continua. Lo fanno sapere i Salesiani di Aleppo che continuano a rimanere in città per dare speranza. E lo ricorda don Pier Jabloyan, direttore dell’oratorio salesiano di Aleppo, che è stata o qualche settimana fa a Cuneo all’Oratorio Salesiano, a raccontare la sua esperienza e testimoniare “la forza brutale della guerra” e“quella capacità della violenza di uccidere non solo gli uomini, ma anche sogni, progetti, ideali, soprattutto tra i giovani. La voglia di sopravvivere che sostituisce la voglia di vivere”. Anche il cuneese don Stefano Martoglio, ex superiore del Piemonte dei Salesiani e ora consigliere per la regione salesiana Mediterranea della Congregazione, lo ha testimoniato e ha inviato tutti a informarsi e a pregare. “In questi anni – scrive don Martoglio – la guerra è continuata, anzi su Aleppo è molto peggiorata; Aleppo è diventata l’epicentro della guerra. Tutti noi conosciamo queste cose, ma l’informazione che riceviamo non è sempre completa. Sono due i compiti che affido a tutti noi: la preghiera, prima di tutto e sempre! La preghiera è al cuore di Dio e ci permette di non dimenticare, alzando lo sguardo a Dio. La preghiera è il conforto della nostra vicinanza per coloro che la vivono e lavorano, confratelli, famiglia salesiana, gente tutta di tutte le religioni. Perché la preghiera è così importante? Per non dimenticare e non fare l’abitudine! Preghiamo dunque per la pace, non solo ad Aleppo, ma in tutta la Siria. Invochiamo pace e dialogo tra le persone che oggi si combattono: sia a Dio, in Cielo, sia qui sulla terra, tra i responsabili degli opposti schieramenti, affinché si muovano a compassione verso le sofferenze di un popolo già troppo provato. Il secondo compito che affido a tutti noi è: informarsi – con attenzione, documentandosi, senza fermarsi alle facili e troppo spesso orientate notizie che circolano – e quindi raccontare, portare la testimonianza di questa realtà tra la nostra gente, le nostre famiglie, la Famiglia Salesiana. Non parlare di questo, non condividere, è far come se questa realtà non esistesse… Oppure far l’abitudine anche a questo! Dio ci scampi da questa terribile possibilità". Già nel marzo del 2015 don Stefano scriveva durante una visita compiuta per conto del Rettor Maggiore: “L’entrata ad Aleppo è impressionante, i danni di guerra sono sotto gli occhi di tutti, ed ogni giorno i bombardamenti continuano. La città è divisa in quartieri controllati dal governo e quartieri in mano agli insorti (molti di più che a Damasco); la guerra è guerreggiata quotidianamente. Molta gente è scappata, tantissimi anche i cristiani. Tutto è bloccato a livello di lavoro, fino a pochi mesi fa la città era completamente accerchiata dai ribelli; manca l’acqua, hanno circa un’ora di luce al giorno…”In questo contesto l’eroismo della gente e dei confratelli è rimanere e portare avanti una ‘normalità’ che è la cosa più difficile in uno stato di guerra. La nostra casa è in un quartiere abbastanza sicuro, almeno in questo momento, ma che ha pianto in periodi scorsi i suoi morti”.E ora le cose sono ancora peggio.