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Lunedì 29 aprile 2024

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Beatrice Molinaro: “A Cuneo un progetto stimolante”

La centrale arriva alla Cuneo Granda dopo le esperienze a Mondovì e Macerata: “Voglio ritagliarmi uno spazio in squadra per essere decisiva quando verrò schierata”

La Guida - Beatrice Molinaro: “A Cuneo un progetto stimolante”

Cuneo – Beatrice Molinaro è l’ultimo acquisto della Cuneo Granda San Bernardo. Nata a Monfalcone (Gorizia) nel 1995, 190 centimetri di altezza e un ruolo da centrale che le calza a pennello. Ha imparato l’abc del mestiere tra le fila di Villa Vicentina, poi è passata all’Itas Città Fiera Martignacco, con cui è approdata in Serie A2. Il debutto in A1 è arrivato nel 2018/2019 con Scandicci. Gli ultimi due impegni con Mondovì e a Macerata l’hanno messa in evidenza come centrale carismatica. Nella vita fuori dal campo è impegnata nel corso di laurea magistrale in Psicologia clinica e dinamica. La neo biancorossa farà parte del comparto centrale in compagnia di Anna Hall e Amandha Sylves.

Beatrice Molinaro, quali sono le sue impressioni sul gruppo cuneese?

Ho avuto modo di conoscere quattro di loro in questi giorni e, insieme al modo di lavorare di Massimo, credo che sia un gruppo che può offrire tanta crescita. Anche se per ora siamo in poche è stato un buon inizio.

Perché ha scelto Cuneo per proseguire il suo percorso?

La chiamata non me l’aspettavo, sono sincera. Mi ha fatto molto piacere che una squadra e un coach di questo calibro si siano interessati a me. Poi avendo già giocato a Mondovì so di avere un debole per questa regione. Avrei anche ritrovato due ex compagne e mi è sembrato stimolante il progetto che mi ha proposto la società, quindi ho accettato.

Quali sono i tuoi obiettivi per la stagione ‘23/’24?

Mi focalizzerò sul miglioramento dei fondamentali, in particolare sull’attacco. Poi voglio anche ritagliarmi uno spazio nella squadra per essere decisiva quando verrò schierata.

In quali elementi tecnici e fisici sente di essere più confidente?

Muro e battuta sono i miei punti forti, da buona centrale. Da fondo campo in particolare credo di potermi sbilanciare a dire che sono abbastanza velenosa. Sul lato fisico, essendo uno e novanta, credo di essere avvantaggiata.

E quali invece gli aspetti che deve migliorare?

Oltre alla tecnica in generale, sicuramente devo insistere sull’esplosività e la reattività. Questa però è una cosa su cui si lavora sempre, non è un obiettivo esclusivo di questa stagione.

Studia psicologia e la sua carriera universitaria è a buon punto. Come si concilia lavoro in palestra, studio e vita privata?

Sì, sono quasi alla fine del mio percorso universitario, sto scrivendo la tesi sul tema delle discriminazioni nei confronti degli atleti LGBTQ+ all’interno degli ambenti sportivi. È un tema molto bello ma che mi sta impegnando tanto. Io sono sempre in cerca di un equilibrio tra studio, vita e palestra, ma in tutta sincerità non sempre ci riesco. Quando inizia la stagione hai la tua routine e non sempre hai voglia di metterti lì a studiare; spesso però io lo faccio nel dopo cena.

È importante affiancare lo studio alla carriera sportiva?

Sicuramente. Però inutile nascondersi: è difficile, sei sempre lì tra casa-palestra e palestra-casa. Dall’altro lato è una grande soddisfazione riuscire a portare a termine anche quel percorso. Io dopo la magistrale e la fine della mia carriera nella pallavolo ho in mente di fare un tirocinio post-laurea, allontanandomi dal settore sportivo e lavorando in altri ambiti.

 

Nell’ambiente pallavolistico ha mai assistito a episodi di discriminazione razziale o sessuale?

Fortunatamente no. Né su di me, né su persone che conosco. Noto che il nostro settore (femminile ndr) è abbastanza tollerante. Certo c’è una disparità tra dirigenti maschi e giocatrici femmine, ma è lo specchio della società. A parte questo è un ambiente sano.

Quali sono i tre consigli che dareste a una giovane pallavolista?

Entrare in campo pensando a divertirsi, essere determinata e avere pazienza se certe cose non si imparano subito. Tutto questo perché la mia esperienza è atipica: non ho frequentato subito delle giovanili in società di spicco e non entravo in palestra solo con il sogno della Serie A. La consapevolezza di avere le capacità per raggiungere l’alto livello è cresciuta piano piano. Credo che l’importante sia lavorare senza pressione e in serenità, così si vivono meglio anche le difficoltà.

Gli allenatori: in cosa potrebbero migliorare?

Nel dialogo con le giocatrici. Apprezzo sempre un allenatore che è pronto al confronto; molti invece parlano poco e sono distanti. Massimo, per fare un esempio a me vicino, si è presentato come una persona a cui puoi esporre qualsiasi problema, anche ogni settimana se necessario. È questo il miglior modo di gestire il gruppo.

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