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Sabato 27 aprile 2024

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Incidente mortale in Sibelco, il processo è alle fasi conclusive

Tre imputati, l'accusa chiede la condanna: non sarebbe stato previsto il rischio di una frana e non sarebbero state adottate le necessarie misure di sicurezza

La Guida - Incidente mortale in Sibelco, il processo è alle fasi conclusive

Robilante – È arrivato alle fasi conclusive il processo per la morte di Danilo Dalmasso, operaio addetto alla pala meccanica (per la ditta Dovero) che perse la vita il 2 marzo 2019 mentre prelevava materiale siliceo dal cumulo invernale presso la Sibelco. Fu un errore umano dell’operaio o ci fu una mancata valutazione del rischio e quindi inadeguate misure di prevenzione all’origine della frana che seppellì la pala meccanica? È il quesito intorno a cui ha ruotato tutto il processo e su cui si sono confrontati avvocati e periti.

Secondo l’accusa che ha presentato la propria richiesta di condanna a 10 mesi di reclusione per F. S. ed E. D., rispettivamente responsabili della Sibelco e della Dovero, e a sette mesi di reclusione per V. C., dipendente della Sibelco e referente per le operazioni di prelievo del materiale dal cumulo invernale, tutti e tre gli imputati erano colpevoli, ognuno per il proprio ruolo, di non aver previsto il rischio di una frana e di non aver adottato le necessarie misure di sicurezza volte a prevenire l’evento che causò la morte di Dalmasso.

Secondo il pubblico ministero Attilio Offman quel cumulo, prodotto durante l’estate con le operazioni di escavazione e utilizzato durante l’inverno per l’alimentazione dello stabilimento, non poteva essere stabile, sia per la natura del materiale sia per la presenza interna di acqua, sottoposta a gelo e disgelo.

Secondo l’accusa era anche un cumulo particolarmente alto, e in casi come questo sarebbe stato più sicuro realizzare un gradone laterale per procedere con prelievi dall’alto piuttosto che dal basso con il rischio di creare nicchie e franamenti di materiale. Per il dott. Offman “se l’angolo di inclinazione non garantisce più una data sicurezza allora bisognerebbe individuare altre misure di prevenzione. Nessuno aveva previsto questa eventualità né nel documento di salute coordinato né nel piano operativo di sicurezza”.

Una ricostruzione contestata dagli avvocati Bolognesi e Gebbia, difensori di F. S., che hanno ribadito come il loro assistito avesse agito nel rispetto di tutte le norme e adottando tutte e cautele previste e necessarie e non era esigibile da parte sua una condotta diversa, ribadendo che il tragico incidente si era verificato perché non era stata rispettata la regola aurea dei prelievi lineari e successivi. La difesa ha sottolineato che nel documento aziendale sulla sicurezza erano indicati gli elementi di rischio di cedimento per eccessiva pendenza, definito “alto e frequente”, e in questi casi era indicato che cosa fare e a chi fare riferimento per ristabilire la normalità. Secondo la ricostruzione tridimensionale della scena dell’incidente fatta dal perito di parte, in base alla posizione finale della pala meccanica dopo il franamento, era stato possibile sostenere che invece di procedere con prelievi che mantenessero il fronte lineare, l’operaio avrebbe fatto numerosi prelievi nello stesso punto tanto da creare un effetto arco nel cumulo che sarebbe poi franato.

Posizione condivisa dall’avvocato Gebbia per E. D. che ha sottolineato come la prevenzione collettiva debba essere prioritaria ma che ci sono situazioni in cui la prevenzione principale è rimessa al lavoratore: “L’adempimento di quanto appreso nella formazione è l’unica cosa che conta in certe situazioni e questo è uno di quei casi”. Secondo questa visione non avrebbe interferito neanche l’altezza del cumulo dal momento che solo un cumulo di altezza ridotta di oltre il 70% avrebbe evitato un incidente mortale.

Sulla estraneità di V. C. si è soffermato poi l’avvocato Rossi che ha ribadito, come dichiarato anche da alcuni testimoni, che il dipendente della Sibelco non aveva alcun ruolo di responsabilità relativamente alle operazioni di prelievo di materiale da parte della ditta appaltatrice, ma che si era sempre e solo occupato di controllare il regolare funzionamento delle bocchette di alimentazione (quelle in cui veniva scaricato il materiale prelevato dal cumulo). Per tutti gli imputati è stata quindi chiesta l’assoluzione.

Il 1° dicembre ci saranno le repliche del pubblico ministero e la sentenza.

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