Roccasparvera – Fa un certo effetto vedere colui che ha portato il punk filosovietico in Italia, seduto senza chitarra, a raccontare di lupi, sciacalli, ibis, cimici, castori, avvoltoi, di boschi e acqua, di paludi e cieli. Ma la sertata che ha regalato al pubblico Massimo Zamboni mercoledì 5 luglio Nuovi Mondi Festival a Roccasparvera in piazza Castello è una di quelle serate speciali, che ti riconcilia con il mondo.
Massimo Zambomi, storico chitarrista dei CCCP e dei CSI, compagno di viaggio di Giovanni Lindo Ferretti, oggi, dopo aver calcato i palchi, i festival, gli scenari della musica di mezza Europa, nel caos e tra la gente, nei suoni portati all’eccesso e negli orari notturni della vita musicale, vive in un bosco immerso nella natura, nel silenzio, come Giovanni Lindo Ferretti vive nell’Appennino toscoemiliano di Ceretto Alpi. E di questa vita del bosco ci rende partecipi leggendo, con sfondo musicale leggero composto da lui, espressione filmata e soprattutto immagini e bellissimi disegni di Stefano Schiaparelli, le sue storie, i suoi apologhi tratti dal suo ultimo libro “Bestiario selvatico“. Non è uno zoologo, un entomolgo, o un ornitolo, è un osservatore, scopritore amante della vita degli animali che all’uomo sfuggono, ma che a causa dell’uomo si adattano a nuova vita. E sono soprattutto quegli animali “forestieri”, i migranti che percorrono migliaia di chilometri, queli animali selvatici che ritenevamo scomparsi per sempre dalle nostre parti che invece sono tornati ad abitarli, gli animali alloctoni inseritisi più o meno a forza in un ambiente che non era il loro. E così scopriamo il castoro dall’Austria, l’ibis dall’Egitto, lo sciacallo che ha percorso i Balcani, la cimice arrivata dalla Cina. Sono animali “arrivati clandestinamente nella penisola italiana nascosti nelle pieghe degli scambi commerciali, in fuga dalle guerre degli uomini, in marcia, in volo, strisciando, nuotando, approfittando dell’abbandono delle aree naturali”.
Nuovo Esopo, Zamboni, descrive con dovizia, mai pedessiquamente scientifica, ma come un appassionato osservatore “trasparente” a fianco degli animali, comportamenti e abitudini. E come Esopo sottintende una morale per ogni racconto, trasformando le loro storie in una metafora del nostro vivere, ma anche qui in modo delicato e raffinato, mai e poi mai moralistico.
Non parla di cambiamenti climatici, di riscaldamento globale, ma parlando di animali parla di noi, dell’uomo, dell’identità stessa e del suo mettersi in relazione con l’altro da sé, lo straniero, il forestiero per non perdere l’umanità. Insomma gli animali migranti ci insegnano che rispetto al mondo animale l’umanità di oggi che tutto pretende di comandare e regolare, dominata dal consumo e dell’avere, è infinitamente più fragile e vulnerabile.
Leggimi la notizia!
|