Quello dei cibi artificiali è un tema complesso che coinvolge aspetti tecnico-scientifici su cui è importante far luce per riflettere criticamente sulle implicazioni, a partire da quelle sulla salute umana.
Tra gli esperti e divulgatori del mondo accademico, medico e scientifico che trattano con maggiore chiarezza il tema c’è il professore di Medicina Interna Antonio Gasbarrini, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Nel novembre 2023, al XXI Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato a Roma dalla Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House – Ambrosetti, il prof. Gasbarrini ha condiviso il suo punto di vista di medico e di scienziato per far comprendere i risvolti legati ad un ipotetico consumo di cibi artificiali.
Da gastroenterologo, Gasbarrini focalizza l’attenzione sull’apparato digerente che, negli ultimi venti anni, è stato oggetto di grandi scoperte ed è oggi “al centro della medicina moderna – ha ricordato al Forum dell’Agricoltura – perché è l’organo più complesso di tutti, ovviamente insieme al cervello, con il quale è in un asse di comunicazione continua”.
Come spiega Gasbarrini, ciò che avviene nell’apparato digerente è qualcosa di miracoloso: “Prendete una bistecca: viene digerita, trasformata in singoli componenti e ritrasformata in un capello o in un’unghia. È qualcosa di impossibile anche con l’uso delle tecnologie più moderne”.
Il processo della digestione è stato rivoluzionato nell’ultimo ventennio grazie alle scoperte che riguardano l’intestino tenue. Quest’ultimo rappresenta la parte centrale e più importante dell’intestino ed è il luogo in cui arrivano i micronutrienti degradati che devono essere assorbiti.
“Parliamo dell’unico organo che assorbe – sottolinea il professore -. Anche l’apparato respiratorio assorbe l’aria, ma l’apparato digerente assorbe il cibo e quell’assorbimento avviene con delle ‘porte’ nei sei metri di intestino tenue. Ogni porta è pattugliata da un soldato che rappresenta il sistema immunitario. L’immunità vive all’80% nell’intestino. Da lì viene chiamata dal cervello e viene mandata in giro per il corpo quando c’è un problema”.
“Questa immunità ci serve a due cose: ci controlla dagli ‘invasori’ e controlla il malfunzionamento del nostro corpo, cioè i tumori che possono insorgere. Questo sistema immunitario era perfetto cinquemila, diecimila, quindicimila, trentamila anni fa quando non c’erano norme igieniche ed è molto potente per il mondo iper igienizzato”. Questo è il motivo per cui quando si attiva troppo, possono insorgere malattie autoimmuni. Chi controlla l’attivazione dell’immunità è il nostro cervello, non esistono infatti malattie autoimmuni che non siano precedute da una iperattivazione.
Negli ultimi vent’anni la scoperta più rivoluzionaria è stata quella dell’esistenza, dentro il nostro apparato digerente, di un cervello microbiologico, “batteri, miceti e virus che fanno quello che ora si chiama microbiota o microbioma intestinale”.
Quel microbiota ha un genoma che distingue ognuno di noi. Due persone hanno un Dna estremamente simile, ma sono molto diverse perché cresciute in un contesto molto diverso. Abbiamo, tutti noi essere umani, un genoma variabile, che è in parte dato dai genitori e in parte adattativo. Come si adatta alla vita? In tanti modi, ma il primo educatore del microbiota è quello che noi mangiamo.
“Solo per darvi un’idea dell’importanza – sottolinea Gasbarrini – immaginate che se io prendo il microbiota di una persona con una depressione maggiore e lo trapianto in un topo, il topo sviluppa depressione maggiore. Vuol dire che qui, nel nostro intestino, abbiamo un genoma variabile che determina malattie o anche felicità. È la trasmissione filogenetica del segnale genomico dalla madre al figlio ed ha un valore enorme in medicina”.
In questo contesto si inserisce quello che il professor Gasbarrini definisce il “delirio scientifico-comunicativo del cibo artificiale”.
Innanzitutto il nome: è alimentazione artificiale perché l’uomo crea cose nuove con un artifizio di laboratorio. “Ben venga il laboratorio, tutti i nostri farmaci biologici con cui curiamo i tumori sono fatti in laboratorio. Il problema, però, sussiste quando io leggo carne coltivata. È un enorme errore scientifico perché non è carne coltivata. Sono delle cellule isolate da una biopsia muscolare, che vengono messe in vitro e vengono fatte crescere”.
Perché, allora, non è carne? “La carne è qualcosa di molto più complesso. È una struttura che è fatta, sì, di cellule ma è composta da grassi, da minerali, da strutture cartilaginee. E soprattutto è vagliata dai sistemi di controllo che ognuno di noi ha, il primo dei quali è l’immunità. Questa carne che noi mangiamo è controllata dal sistema immunitario dell’animale quindi non ha bisogno di altro”.
L’Homo Sapiens si è adattato, nel corso dei secoli, ad ingerire alimenti che la natura ci ha dato, vale a dire un’alimentazione che può essere definita naturale. Ora è arrivato il cell-based food, ossia del cibo a base cellulare che Gasbarrini definisce “cellule cresciute in coltura a estrazione da un tessuto, carne, pesce o qualsiasi cosa in futuro, che vengono fatte crescere in una piastra di coltura”.
“Per farle crescere in una piastra di coltura che non è dotata di sistema immunitario e non ha i nutrienti che ha il corpo, bisogna dargli siero bovino o insulina, fattori di crescita e poi bisogna tenerla sotto controllo dagli invasori, somministrando degli antibiotici. Questo processo di crescita non è naturale”.
Andando avanti nel ragionamento il professore Gasbarrini illustra la profonda differenza che esiste nel processo digestivo del cibo naturale rispetto a quello artificiale.
“Deve entrare, poi arrivare allo stomaco con il suo acido cloridrico che, mentre fatica a digerire una bistecca, ci mette cinque secondi a spaccare quello che contiene un prodotto artificiale. Arriva poi tutto nell’intestino tenue che è bravissimo ad assorbire, probabilmente nei primi venti centimetri del duodeno è tutta assorbito. Una bistecca, invece, ci mette almeno un’ora, deve arrivare nelle parti terminali del tenue e i detriti vanno poi con le feci e con il cibo indigerito. È proprio tutt’altra cosa”.
Il microbiota che si trova nel colon praticamente non riceve nulla perché è stato tutto assorbito prima. Dato che il microbiota, in base a quello che mangia, manda dei neurotrasmettitori centrali, si sviluppa un meccanismo interessante chiamato “Second Meal Effect”. Cosa significa? Che le fibre che si consumano a pranzo decideranno l’assorbimento delle calorie del pasto della sera. Infatti, in base all’alimentazione, il nostro microbiota manda dei messaggi per chiedere di assorbire di più o di meno. Se si consuma un pranzo senza fibre, ad esempio, le calorie della cena saranno assorbite al 100%, in presenza invece di un consumo di fibre l’assorbimento delle calorie potrebbe essere del 50% inferiore.
L’ultima argomentazione del professor Gasbarrini riguarda la sicurezza. Questi cibi a base cellulare sono sicuri?
“Non lo so ma so che la Fao e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno prodotto un documento di quasi 140 pagine, 40 delle quali dicono che ci sono una valanga di rischi teorici, dalla genotossicità all’uso degli antibiotici”.
“Noi che cosa ne sappiamo se chi mangia quella roba in un futuro svilupperà più diabete? La tossicità non si valuta in una piastra di coltura per vedere se saranno più allergici quelli che mangiano quel tipo di cellule. La tossicità si valuta in due, tre, cinque, dieci, quindici anni. Per valutare la genotossicità, cioè il rischio di tumori, sono necessari anni ed anni”.
“Quindi da scienziato, poiché sono miei allievi i clinici gastroenterologi di Humanitas, San Raffaele, Bologna, io dico che il corpo è una macchina meravigliosa e difficilissima che si è adattata all’ambiente con quello che c’era. Queste cellule con possibile utilizzo come cibo sono sicure? Non lo so. E questo vi dice tutto in medicina. Immaginiamo che vi venga prescritto un farmaco del quale non è certa la sicurezza: chi di voi prenderebbe mai una roba del genere?”.
“I cibi artificiali sono una grande opportunità e non mi meraviglierei che in futuro affianco ad un allevamento tradizionale ci sia anche uno stabilimento che li produce. Siamo pronti adesso? Assolutamente no perché non ci sono i parametri di sicurezza per dire che quei prodotti, una volta che sono entrati nell’apparato digerente, modulino in maniera sana il nostro microbiota, il nostro sistema immunitario e l’asse intestino-cervello con implicazioni dirette sul comportamento delle persone”.