Poco più a valle del castello, sempre all’interno della Villa di Verzuolo, sorge anche l’antica chiesa parrocchiale, eretta nel 1087 all’interno del primo nucleo abitato come cappella alle dipendenze dell’abbazia benedettina di San Benigno di Fruttuaria. Dopo aver conosciuto numerose espansioni e trasformazioni artistiche a partire dal quattordicesimo secolo, l’edificio è stato poi abbandonato nel 1819 a seguito del trasferimento della sede parrocchiale nella chiesa dei Cappuccini. Rimasta in uso soltanto per i riti della Compagnia del Santissimo Rosario e per i festeggiamenti della ricorrenza di inizio ottobre, a inizio Novecento venne poi protetta dai crolli delle torri del castello con un riempimento e un muro di contenimento.
In origine, di fronte al portale con arco a tutto sesto era presente un fossato con un ponte levatoio che segnava una delle prime linee difensive del castello e del ricetto medievale sorto ai suoi piedi. La facciata attuale, che richiama i lineamenti di una capanna, mostra i chiari segni dell’espansione di metà Quattrocento e lascia intravedere le vestigia della precedente cappella benedettina.
Risale all’epoca medievale la torre campanaria, così come la cella che contiene gli affreschi dedicati alla storia e ai miracoli di San Nicola, in ricordo di una reliquia del santo conquistata ai tempi della prima crociata. L’elemento più antico è però una lapide di età romana, ritrovata a Falicetto e reimpiegata nel contrafforte di sinistra della facciata della chiesa: si tratta di un’epigrafe funeraria che ricorda la nobile Enica Comiogia, figlia di Nevius, per volere del marito Pramion.
Il resto della facciata è arricchito dalle pitture realizzate a inizio Quattrocento dagli artisti della bottega dei Pocapaglia: a sinistra è ritratta la deposizione di Cristo dalla croce a firma di Johane Petro (1472), affiancata da un carme in onore dell’ultimo membro della famiglia Bruna, mentre sopra il portale sono presenti Maria e Gesù Bambino con i santi Filippo e Giacomo. Sul lato destro sono invece presenti il “traghettatore miracoloso” San Cristoforo e santa Barbara, richiusa in una torre dal padre Dioscuro e poi martirizzata per il suo rifiuto di prendere marito e per la scelta di condurre una vita di castità cristiana. L’adiacente cappella in laterizio a pianta centrale, dedicata alla Beata Vergine dei Sette Dolori, è invece databile tra fine Seicento e inizio Settecento.