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Martedì 8 ottobre 2024

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Un ponte ironico tra l’arte antica e neoclassica e il contemporaneo

The Bounty Killart è il nome di un collettivo di scultori nato nel 2002 a Torino con il saviglianese Dionigi Biolatti

Savigliano

La Guida - Un ponte ironico tra l’arte antica e neoclassica e il contemporaneo

The Bounty Killart è il nome di un collettivo di scultori nato nel 2002 a Torino, sui banchi dell’Accademia Albertina di Belle Arti, sotto il quale operano Dionigi Biolatti, un saviglianese di 43 anni, Rocco D’Emilio di Torino, classe 1981 come Gualtiero Jacopo Marchioretto di Torino, e Marco Orazi, 45 anni sempre torinese.  Biolatti studia pittura presso l’ Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dal 2002 al 2006 e incontra i tre amici con cui fa nascere il collettivo.

Creano sculture e installazioni incentrate sulla rivisitazione ironica del linguaggio classico dell’arte antica, rinascimentale e neoclassica, in combinazione con inserti di oggetti decontestualizzati, con cui strizzano l’occhio all’imaginario pop della nostra civiltà dei consumi, osservata con sguardo disincantato e sottoposta a critica sociale pungente. Attraverso l’impiego sapiente di diversi materiali, quali il gesso, la resina, il marmo o le fusioni in alluminio e bronzo, realizzano busti, vasi, bassorilievi e statue, attuando un corto circuito tra passato e presente, tra sacro e profano, in cui si rispecchiano, in chiave allegorica, circostanze e comportamenti che più ci ossessionano e che svuotano di contenuti etici la vita quotidiana di ciascuno di noi, impedendoci di riconoscere la portata delle azioni umane che causano l’aggravamento della crisi climatica del nostro pianeta. Padroneggiando varie tecniche di pittura, incisione, fotografia, grafica e scultura e giocando con vari materiali dal gesso alla resina, dalla ceramica all’alluminio, il collettivo crea un ponte tra l’arte antica, neoclassica e rococò e l’arte contemporanea. Attraverso l’ironia irriverente e il nichilismo, stigmatizzano stereotipi e idiosincrasie dei tempi moderni.

Nonostante la giovane età, hanno all’attivo importanti mostre personali e collettive, tra cui L’Air ne fait pas la chanson, a cura di Eva Menzio, nel Tunnel Riva a
Monaco, Jackpot! alla Galleria Allegra Ravizza di Lugano, nel 2014, Oggi il kitsch, a cura di Gillo Dorfles, che si è tenuta nel 2012 alla Triennale di Milano. Nel 2014 hanno partecipato alla Biennale Giovani Accademia di belle arti di Bologna curata da Renato Barilli a Bologna, a Resilienze 2.0. a cura di Caterina Fossati e Luciana Letizzetto a Palazzo Saluzzo Paesana a Torino, e nel 2015 alla rassegne Holy Mistery al Centro Congressi Santo Volto di Torino, organizzata in occasione dell’Ostensione della Sindone e Simulacra Open Air di Scultura al Pala Alpitour/Isozaki. Nel 2016 espongono le loro sculture dissacranti accanto alle storiche ceramiche di Palazzo Madama, a Torino, nella mostra Terra. I segreti della porcellana, nel 2018 Gli ammutinati del Bounty a cura di Luca Beatrice nelle gallerie di Milano, Verona e Pietrasanta. Nel 2022 per Help Grandarte sono a Vinadio nelle Camere da sparo del Forte Albertino.  Qui l’inconfondibile Venere di Milo del Museo del Louvre di Parigi ripetuta in quattro esemplari identici, posti al centro delle camere da sparo e ogni volta accolti all’interno di piccole piscine gonfiabili multicolori per bambini avevano al disopra del capo una sacca idrica appesa al centro della volta di ciascuna camera, con la funzione di rilasciare una quantità misurata di acqua, con lo scopo di intaccare lentamente e variabilmente la superficie delle tre sculture, innescando un fenomeno temporale di disfacimento progressivo, ma non completo, della loro consistenza fisica: un’atmosfera di sospensione e di attesa di una fine annunciata delle cose materiali, metafora dei gravi pericoli che minacciano la nostra esistenza, se continuiamo a contrastare impunemente il potere della natura e a non seguire il consiglio di vivere in armonia con la natura.
“The Bounty KirrArt con le riproduzioni di elementi figurativi e architettonici della storia della cultura artistica occidentale, – scive Enrico Perotto – permette al visitatore di immaginare suggestive ipotesi di evasione, suscitate dalla realtà dei tanti muri, sia fisici che mentali, che impongono limiti e definiscono confini culturali e sociali che si vorrebbero invalicabili, a cui, invece, si oppone chi li vuole oltrepassare, sia con lo sguardo che con il corpo, per poter vivere liberamente la bellezza dell’incontro, appunto, con chi si trova, suo malgrado, dalla parte sbagliata di quei muri”.

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