Mondovì – Dopo i lavori di restauro, ormai in fase di ultimazione, che hanno consentito di mettere in sicurezza stucchi ed affreschi, tornerà presto a nuova vita l’ex chiesa di Santo Stefano a Mondovì Breo (1701 – 1771).
Il Settecento monregalese, che reca l’inconfondibile impronta dell’architetto Francesco Gallo e dei suoi numerosi cantieri, si apre con la costruzione della Confraternita dei Battuti Bianchi di Santo Stefano a Mondovì Breo, il cui progettista, nonostante gli approfonditi studi, rimane ancora sconosciuto.
Le origini della Confraternita, da sempre dedita alle pratiche religiose e all’attività assistenziale, si fanno risalire al XIV secolo; dalla fine del 1500 la sua vicenda s’intrecciò con quella del vicino Ospedale di San Francesco, che amministrò fino al 1741.
La prima pietra della chiesa fu posta il 3 novembre del 1701 dal Vescovo Isnardi nello stesso luogo dove sorgeva la prima chiesa della Confraternita, della quale si hanno sporadiche informazioni nella visita pastorale dello stesso Isnardi del febbraio 1700, dove l’edificio è descritto come angusto, privo di luce e non adatto alle numerose attività della Confraternita. La tavola del Theatrum Sabaudiae del 1682 non restituisce l’aspetto dell’edificio, ma ne conferma, invece, la posizione e la presenza, già all’epoca, di un campanile. La documentazione sinora reperita non ci consente di conoscere il nome del progettista della chiesa settecentesca. Non sono pervenuti né i disegni citati in un inventario del XVII secolo, né i capitolati. Si possiede, invece, un verbale del collaudo del 24 maggio 1714 firmato Bertola, Misuratore ed Estimatore Generale per sua Maestà, che cita anche il nome del capomastro del cantiere, Francesco Bernardi. A quella data la costruzione dell’edificio sembra a buon punto e il 23 dicembre 1715 esso fu solennemente consacrato. Nel 1716 è attestata una causa tra i capimastri e la Confraternita per le misurazioni effettuate durante i lavori e i prezzi applicati; per redimerla fu chiamato l’architetto Francesco Gallo. Nonostante l’ingente sforzo finanziario sostenuto dai confratelli, nel 1718 la chiesa mancava ancora del campanile, della sacrestia, della gradinata esterna e delle rifiniture della facciata. Nel 1741 il vescovo Carlo Felice Sanmartino ordinò che la chiesa fosse terminata, ma la separazione delle rendite dell’Ospedale da quelle della Confraternita, stabilita nello stesso anno, aveva ridotto notevolmente le risorse a disposizione per terminare i lavori e i Battuti dovettero ricorrere in più occasioni all’Ospedale per prestiti e aiuti che, peraltro, non furono mai negati. Nel 1748 furono affidati a Giorgio Massi di Lugano e Giuseppe Chiorino di Ponterano i lavori per il campanile e nel 1749 ancora a Giorgio Massi e Biagio Rossi quelli per la sacrestia. La chiesa fu terminata nel 1771, a settant’anni dall’avvio dei lavori. Come risulta da un documento del 4 giugno 1798, il progetto del campanile è opera di Francesco Gallo.