Cuneo – È proseguito al tribunale di Cuneo il processo per caporalato in cui sono imputate sette persone appartenenti a due famiglie di imprenditori, operanti una nel settore della frutta a Lagnasco, con i titolari D. G., G. G. e M. B., e l’altra nella produzione di pollame a Barge con A. D., A. P. e M. C. Oltre a loro è imputato M. T., cittadino del Burkina Faso soprannominato Momo, da cui il nome dell’indagine, che secondo gli inquirenti avrebbe fatto da tramite fra i lavoratori e le due aziende. L’indagine è partita nell’agosto 2018 dalla denuncia di uno dei giovani ospiti del Pas di Saluzzo che era stato assunto grazie all’intermediazione di Momo. A questo se ne aggiunsero altri che raccontarono agli inquirenti di aver ricevuto una paga inferiore a quella dovuta secondo quanto previsto dal contratto collettivo. “La busta paga non coincideva con quanto dovuto perché un tot di ore venivano pagate in contanti”, ha riferito uno dei giovani lavoratori, raccontando anche di quando gli vennero pagati 1.200 euro ma dovette restituirne 630, “perché mi dissero che li avevano aggiunti per sbaglio, ma poi fecero una ricevuta per un importo inferiore a quello che dovuto”. Altre volte gli vennero trattenuti altri soldi, 59 euro, poi 89 e ancora 118: “Avevo chiesto spiegazioni a Momo che si era innervosito e poi è venuto fuori che erano trattenute legate al contratto annuale. Mi veniva trattenuto più che ad altri perché mi era stato detto che le segretarie dovevano fare un Cud più lungo”. Secondo la ricostruzione degli inquirenti c’erano ragazzi che lavoravano anche per undici ore al giorno e poi dopo qualche ora di riposo venivano portati a lavorare nell’azienda di pollami dalla mezzanotte alle 3. Ogni lavoratore inoltre doveva pagare 20 euro al mese a Momo: “I più vecchi pagavano 20 euro – ha dichiarato il teste -, i nuovi assunti 50 euro. Nessuno faceva domande, eravamo intimoriti perché lui poteva farci licenziare”. Il processo proseguirà il 17 maggio.