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Martedì 11 febbraio 2025

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Il segno di Cana

La gioia che noi intravediamo all’inizio della festa, Cristo la rende possibile fino alla fine

Cuneo

La Guida - Il segno di Cana
Arcabas, Le nozze di Cana

Arcabas, Le nozze di Cana

Is 62,1-5; Sal 96 (95); 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-11

Con tutte le situazioni tragiche che c’erano (lebbre, morti, crocifissioni) perché iniziare a compiere miracoli, segni, partecipando ad un pranzo di nozze?
C’erano schiavi che gridavano la loro disperazione, profeti che si lamentavano di un cielo chiuso, dannati che maledicevano di essere nati e Gesù va ad un matrimonio.
Ma il Maestro aveva qualcosa da dire con quella presenza a Cana e ancora una volta manifesta la sua capacità di condividere tutti i vissuti umani e rende manifesto che è «venuto perché l’uomo abbia la vita in abbondanza».
In quella festa viene a mancare il vino.
Al di là dell’imprevisto, questo riferimento può descrivere la condizione umana: la nostra vita è una promessa, una festa, come un matrimonio ma… può venire a mancare il vino.
Ogni festa dell’uomo può essere minacciata da quest’inconveniente: l’esaurirsi della gioia. La vita è una promessa ma può venire a mancare qualcosa di fondamentale.
Nel rapporto uomo-donna l’innamoramento viene messo alla prova nella quotidianità della vita. In quel legame si hanno, in genere, le maggiori attese, ma si possono incontrare anche delusioni. Può venire a mancare il vino.
Come in quella festa a Cana, così sembra essere la vita: da principio si serve il vino buono, rassegnati alla prospettiva che in fretta finirà, e quindi, poi, ci si arrangia in qualche modo.
Ma a quelle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli. Egli sapeva che il rimedio a quel difetto di gioia, di cui soffre la vita dell’uomo e della donna, non può venire dall’abbondanza inesauribile di vino, né da alcun’altra abbondanza.
La risposta del Maestro alla madre, dal tono che suona aspro e poco filiale, può forse essere inteso come un dire alla madre che il guaio vero non era tanto la mancanza di vino.
Ma la madre sapeva che il Figlio, anche in quell’ora, poteva rimediare al difetto della vita umana.
Miracolo festoso, quello di Cana, ma anche molto elegante. Pochi se ne sono accorti, anche se molti ne hanno goduto i benefici. Da parte degli sposi nemmeno un grazie.
Questo è lo stile di Dio.
Quel miracolo è un’epifania di Gesù: è la rivelazione di come siano giunti i giorni in cui nessuno ti chiamerà più «Abbandonata» – come dice il profeta – perché il Signore si è compiaciuto in te e ti ha scelta come sua sposa.
Quel vino buono è per tutti: le giare furono riempite fino all’orlo perché la vita dell’uomo sia una festa anche dopo la morte.
Un segno, quello di Cana, che la gioia che noi intravediamo all’inizio della festa, Cristo la rende possibile fino alla fine. Il vino dell’ultima ora, quello dell’Ultima Cena, sarà altrettanto buono, se non di più, come quello degli inizi.
L’intenzione di Dio è quella di offrire all’uomo sempre il vino buono dall’inizio fino alla fine, e in ogni ora.

Il segno di Cana

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