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Giovedì 25 aprile 2024

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Gli invasi per raccogliere l’acqua e quei progetti mai realizzati

La costruzione di opere per la raccolta dell’acqua può aiutare a evitare i sempre più pesanti contraccolpi della siccità, ma gli interventi ipotizzati sono fermi

La Guida - Gli invasi per raccogliere l’acqua  e quei progetti mai realizzati

Tra le sfide che i nostri territori dovranno affrontare nei prossimi anni, quella dell’adattamento ai cambiamenti climatici sarà senza dubbio una delle più complesse. La costruzione di invasi può aiutare, sotto questo profilo, ad evitare i contraccolpi di future siccità.

I cambiamenti climatici sono un fenomeno complesso che vede, sul tema “piogge”, una delle sue più evidenti manifestazioni. Le precipitazioni sul nostro territorio sono diminuite e, soprattutto, sono molto più concentrate in brevi lassi di tempo rispetto al passato. La principale conseguenza, a parte il rischio di alluvioni, è che diventa indispensabile raccoglierla quando c’è per evitare di restare sguarniti nei lunghi periodi di assenza di precipitazioni. 

La necessità di attrezzarsi con invasi è sostenuta da più parti e nelle scorse settimane anche il consiglio comunale di Cuneo ha approvato un ordine del giorno con cui chiede di riaprire il confronto anche a livello regionale e nazionale e ribadisce la necessità di dotare il territorio di invasi di medie e piccole dimensioni.

Che cos’è un invaso?

L’invaso, genericamente parlando, è un sistema naturale o artificiale (con sbarramento) che consente di raccogliere un certo volume d’acqua, intercettando quella che scorre nei corsi d’acqua e consentendone l’utilizzo in un momento successivo. L’acqua raccolta può essere utilizzata per fini potabili ma anche irrigui, idroelettrici, industriali e di tutela ambientale (se ci fosse un’erogazione di acqua più regolare, ci potrebbe essere un deflusso “ecologico” che garantisce la vita negli ecosistemi fluviali in periodi di secca). Inoltre, la presenza di invasi può diminuire le piene, perché permette di trattenere una parte dei deflussi che arrivano.

Il Piemonte è ricco d’acqua, anche se meno di una volta. Ci sono però forti differenze, non tanto in termini di precipitazioni, quanto in termini di fattori che consentono di usare l’acqua al meglio: in particolar modo, gli apporti nevosi – che hanno una funzione simile a quella delle dighe- i laghi e i bacini a scopo irriguo. Il cuneese rappresenta, sotto questo profilo, una zona “povera” del Piemonte: le cime alpine sono più basse e gli apporti nevosi si esauriscono prima, non ci sono grandi laghi naturali e nemmeno invasi artificiali perché, nonostante se ne parli da decenni, non sono stati realizzati. C’è poi il fattore costi: le dighe sono care. Il Pnrr ha portato un po’ di linfa dopo decenni in cui mancavano i soldi persino per la progettazione. Come ogni infrastruttura, anche le dighe hanno un impatto, in primis sotto il profilo “paesaggistico”. C’è poi l’aspetto legato all’interruzione della continuità fluviale: ciò che sta sopra lo sbarramento viene separato da ciò che sta sotto, interrompendo la comunicazione tra ecosistemi. Infine, l’impatto per così dire “cultuale”: se si sommerge un intero paese, questo cessa di esistere e la comunità va rilocalizzata. Tali valutazioni, tuttavia, andrebbero condotte bilanciando tale impatto coi benefici che possono derivare per il territorio, l’economia e la società. 

Oltre ai grandi invasi anche  tanti piccoli invasi su ogni vallata renderebbero più facile controllare le piene.

Opere ipotizzate e mai eseguite

A fronte del cronico rilevante deficit d’acqua per uso irriguo, nel tempo sono stati ipotizzati numerosi interventi infrastrutturali mai realizzati. Un conciso quadro riassuntivo della situazione è desumibile dall’analisi delle opere ipotizzate nel piano regionale per l’approvvigionamento idro-potabile e nel piano regionale per le attività di bonifica e irrigazione (Regione Piemonte, anno 2000).

Dall’analisi di questi elaborati emerge l’esistenza di un “parco progetti disponibili”. 

Per due progetti gli studi di approfondimento sono in fase avanzata. Si tratta dello schema idrico “Stroppo–Maira” per la realizzazione di un invaso di capacità utile pari a 20 Mm3 che ha come area beneficiaria il comprensorio Dronero, Busca e Saluzzo e lo schema idrico “Alto Tanaro” per la realizzazione dell’invaso di Isola di Tanarello.

Altri progetti sono da sottoporre ad ulteriore verifica di fattibilità. Riguardano in particolare la realizzazione di un invaso sullo Stura di Demonte a beneficio delle aree a sinistra e destra del fiume. Sul documento, in sostituzione al vecchio progetto del grande invaso di Moiola, si propone un invaso di minori dimensioni a servizio di un’area di 50.000 -100.000 ettari. Un altro progetto è relativo alla realizzazione di un invaso nel medio Tanaro con possibile beneficiario il destra Stura di Demonte.

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