Mondovì – Era consapevole di aver prestato alla propria badante circa 50.000 euro o non si trattava piuttosto di una caso di circonvenzione d’incapace? È intorno a questo punto cruciale che ruota il processo in corso al Tribunale di Cuneo, che vede imputata B.B. una signora che nell’arco di tempo compreso fra il 2010 e il 2014 aveva lavorato come badante alle dipendenze di un’anziana signora di Mondovì. La donna, rimasta vedova e alle prese con una malattia che l’aveva resa incapace di badare a se stessa, aveva assunto una signora che l’accudiva.
“La malattia le aveva provocato una forte depressione – ha spiegato oggi in aula la dottoressa di famiglia – e per questo le prescrivevo degli psicofarmaci antidepressivi. Era lucida e presente a se stessa, anche se non aveva voglia di fare niente e stava sempre a letto”.
La donna, costituita parte civile al processo, aveva lei stessa affermato di aver dato quei soldi alla badante, anche se aveva aggiunto davanti al giudice di essere un po’ confusa in quel periodo. Oltre ai soldi, la signora aveva denunciato la scomparsa di alcuni gioielli nascosti in freezer; secondo lei la responsabile non poteva che essere la badante poichè solo loro due sapevano di quel nascondiglio. A suscitare le perplessità del pubblico ministero anche un assegno da 10.000 euro intestato ad una delle figlie dell’imputata che però non aveva mai avuto rapporti con l’anziana donna, mentre un’altra figlia aveva saltuariamente sostituto sul posto di lavoro e per questo era stata pagata direttamente dalla madre. Conclusioni delle parti e sentenza sono attese per la prossima udienza del 17 febbraio.