Mondovì – “Non bisogna mai abbassare la guardia, la società deve cogliere i segnali. I mafiosi sanno da tempo di dover raggiungere territori dove si può operare in modo tranquillo, dove non c’è troppa criminalità. Bisogna alzare i muri, perché le mafie arrivano”. Il monito giunge forte e chiaro da Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi e ispiratore del protocollo (diventato legge dello Stato) sulla certificazione per l’erogazione di fondi europei, nell’incontro di ieri (venerdì 21 giugno) su “Scrivere di mafie anche al Nord Italia”, a Mondovì per i 150 anni del settimanale “Provincia Granda”.
Insieme ad Antoci, la testimonianza di Davide Mattiello, ex parlamentare e presidente di Libera Piemonte (assente per problemi personali Paolo Borrometi, giornalista che vive sotto scorta per inchieste sulla criminalità organizzata): “Mafia non è solo dove scorre il sangue, dove si spara e dove esplodono le saracinesche. Occorre aprire gli occhi e vedere dove ci sono gruppi che, grazie al vincolo associativo, riescono a esercitare intimidazione, assoggettamento e omertà: questa è mafia e può essere ovunque quasi senza apparire, in sintonia coi modi di fare dei piemontesi”. Mattiello ha anche citato episodi e nomi dagli anni Ottanta a oggi, da Bruno Caccia a Carlo Alberto Dalla Chiesa e Amedeo Damiano, fino a inchieste giudiziarie che hanno sollevato il velo sulle infiltrazioni mafiose in Piemonte.