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Sabato 12 luglio 2025

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Denaro non dovuto per interventi di manutenzione, una condanna

Due addetti alle vendite di un'impresa di antifurti erano riusciti a farsi pagare da clienti, anche con false fatture a nome della ditta per cui lavoravano

Magliano Alpi

La Guida - Denaro non dovuto per interventi di manutenzione, una condanna

Si è concluso con una condanna e un’assoluzione il processo per truffa aggravata a carico di P. G. A. e D. B., due venditori di sistemi di allarmi per conto della Psp Security, accusati di aver simulato degli interventi di manutenzione inesistenti e facendosi pagare ingenti somme da clienti anziani e in una condizione di fragilità. Ad accorgersi che qualcosa non andava, dando così avvio all’indagine della Squadra Mobile, fu la nipote di una delle vittime che scoprì l’ammanco di 10.000 euro dal conto dello zio dopo che questo fu ricoverato in ospedale. Le cifre versate fra il 2019 e il 2020 riguardavano interventi di manutenzione che però erano inclusi nel contratto di acquisto e che infatti vennero disconosciuti dai titolari della ditta. La nipote dell’anziano aveva scoperto che due assegni da 1.500 euro depositati dallo zio erano stati protestati dalla banca perché senza copertura. Lo zio le raccontò allora che oltre al sistema di allarme, B. D. gli aveva venduto anche un impianto di videosorveglianza ma che lui ci aveva ripensato chiedendo indietro i soldi che gli furono versati con i due assegni scoperti. A casa dello zio la nipote trovò una cartellina con una serie di fatture sospette e che la ditta non riconobbe come sue in quanto la numerazione non corrispondeva. Oltre al signore di Magliano Alpi anche altre due persone furono vittime dei raggiri: a un uomo di Borgo San Dalmazzo vennero sottratti 4.500 euro, ma ben più grave fu la situazione della cliente di Caraglio alla quale nel corso degli ultimi dieci anni erano stati sottratti 80.000 euro. I titolari della ditta avevano riferito che i due imputati avevano solo le mansioni di venditori, mentre di installazione e manutenzione si occupavano tecnici specializzati e così infatti aveva confermato in aula il cliente di Borgo San Dalmazzo: “Una volta l’anno veniva il tecnico della ditta a cambiare le batterie, poi però veniva anche B. D. dicendo che lo mandava la ditta. Diceva che aveva cambiato dei pezzi e voleva essere pagato in contanti. Sapevo che il contratto includeva anche la manutenzione ma pagavo lo stesso, non so perché. A un certo punto mi sono detto che qualcosa non andava e non ho pagato più. Avevo fatto controllare dall’avvocato una fattura che mi aveva dato e avevo scoperto che era falsa. Chiamato a deporre il titolare della ditta aveva confermato il ruolo dei due impiegati come venditori e non tecnici manutentori; anche le fatture trovate a casa di B. D. erano ingiustificate perché non spettava a lui emettere fatture e assolutamente ingiustificato l’esborso di 80.000 euro della cliente di Caraglio: “L’impianto costa 5mila euro, compresa la manutenzione per cinque anni, quella cifra è ingiustificabile”. Per il pubblico ministero Luigi Dentis il compendio accusatorio a carico di B. D. era risultato importante e coerente e aveva consentito di dimostrare che era lui che il responsabile dei versamenti effettuati dalle parti offese millantando interventi di manutenzione che non rientravano nelle sue mansioni, concludendo con una richiesta di condanna a tre anni e sei mesi e mille euro di multa. Per P. G. A. l’accusa ha rilevato che a suo carico era emersa la responsabilità per un solo fatto contestato, relativo alla cliente di Caraglio, anche se in ogni caso i due lavoravano sullo stesso territorio e per questo a suo carico è stata chiesta la condanna a due anni e quattro mesi con multa di 600 euro. Per la difesa di B. D. però dall’istruttoria non era emersa la condizione di minorata difesa delle parti offese e con essa anche l’aggravante e la condizione di procedibilità, poiché il cliente di Magliano Alpi si era accorto nel 2019 che qualcosa non andava ma aveva sporto denuncia solo nel 2020. Il difensore di P. G. A. ha a sua volta contestato il mancato raggiungimento della prova a carico del uso cliente, dal momento che la stessa cliente di Caraglio non aveva mai detto di aver ricevuto da lui richieste di denaro. Una richiesta di assoluzione per P. G. A. accolta dal giudice che ha invece condannato B. D. a due anni e sei mesi di reclusione e 600 euro di multa.

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