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Martedì 30 aprile 2024

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A processo per stalking

Ventottenne monregalese assillata dalle attenzioni di un giovane che accompagnava nel suo percorso di inserimento sociale e lavorativo

La Guida - A processo per stalking

Mondovì – Avrebbe dovuto accompagnarlo nel suo percorso di inserimento sociale e lavorativo ma è finita per essere vittima delle morbose attenzioni di A.A.E. giovane extracomunitario accolto nel Sistema di accoglienza e integrazione di Mondovì, rinviato a giudizio davanti al giudice Sandro Cavallo con l’accusa di stalking e violazione del provvedimento di non avvicinamento.
“Avevo preso in carico A.A.E. nell’aprile del 2019 quando era stato inserito nel progetto di accoglienza migranti in cui lavoro – ha raccontato la 28enne monregalese – ma quando a maggio del 2021 il progetto terminò, lui iniziò a mandarmi messaggi telefonici fuori luogo, invadenti della mia sfera privata. Nonostante fosse sposato e in attesa di fare il ricongiungimento con la moglie, mi chiese cosa avrebbe dovuto fare per sposare una donna italiana e poi mi disse che voleva sposare me”.
Da quella prima dichiarazione la giovane divenne vittima nel giro di breve tempo di un vero e proprio assedio telefonico, culminato nelle 1.487 telefonate ricevute in una sola notte alla fine di agosto. Per superare il blocco telefonico, il giovane utilizzava anche i telefoni di altre persone. “Era un problema per me perché con il mio lavoro avevo turni di reperibilità e dovevo per forza tenere il telefono acceso”, ha raccontato la giovane.
Sempre in quei mesi iniziarono anche i pedinamenti e gli appostamenti davanti all’ufficio dove lavorava la donna.
“Un giorno era seduto sui gradini della palazzina dove avevo l’ufficio e mentre passavo mi toccò la coscia. Un altro giorno si era appostato dietro l’ascensore e mi afferrò per un braccio. Io urlai e subito accorsero dei colleghi che conoscevano il problema e facevano in modo di non lasciarmi mai sola. Mi aspettavano al parcheggio quando arrivavo in auto la mattina e mi accompagnavano fino all’ufficio e lo stesso facevano all’uscita”.
Poi ci furono anche i pedinamenti con il monopattino. “Un giorno dovetti fare dei lunghi giri per seminarlo e impedirgli di vedere dove abitavo. Su invito dei miei datori di lavoro, accettai anche un ultimo confronto faccia a faccia con lui per fargli capire che doveva smetterla; lui sembrava non ascoltare neanche, cercava continuamente di avvicinarsi a me nonostante gli chiedessi di stare lontano e dopo cinque minuti che l’incontro era finito ricevetti una sua telefonata da un numero sconosciuto”.
Al difensore dell’imputato che le chiedeva se oltre al fastidio per le molestie ricevute si fosse mai sentita davvero minacciata, la donna ha risposto che anche se non c’era mai stata una minaccia esplicita, quella presenza assillante  e continua non la faceva sentire per niente tranquilla. “Ancora a Pasqua di quest’anno l’ho trovato che girava nei pressi di casa mia nonostante il divieto di avvicinamento. Ero in auto con i miei e ho dovuto fare un lungo giro per poter rientrare senza farmi vedere”.
La prossima udienza per ascoltare i testi dell’accusa è stata fissata al 26 gennaio.

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