Barge – Si è concluso con una condanna il processo per usurpazione di funzioni pubbliche e possesso di segni distintivi contraffatti in cui era imputato A. A., 40enne di Carmagnola che, insieme a due complici rimasti ignoti, la sera del 20 ottobre 2016 suonò alla porta di casa di un imprenditore fingendosi Carabiniere e chiedendo all’uomo di vedere la contabilità della sua azienda in vista di un eventuale controllo fiscale. “Erano venuti su una Fiat 500 bianca – aveva riferito in aula la parte offesa -, parlavano in modo vago e uno di loro veniva chiamato maresciallo. Era sera, sono andati via dicendo che sarebbero tornati il giorno dopo quando l’azienda era aperta. Il giorno dopo io li ho aspettati ma loro non sono venuti e quindi sono andato dai Carabinieri di Bagnolo”. Quella segnalazione sui falsi Carabinieri diede il via all’indagine da parte degli inquirenti che una settimana dopo trovarono A. A. a bordo di una Fiat 500 bianca, risultata rubata qualche tempo prima, con libretto di circolazione e targa falsa. L’imprenditore aveva già descritto l’uomo in occasione della sua denuncia una settimana prima e dopo il ritrovamento dell’auto riconobbe A. A. anche sul fascicolo fotografico che gli venne sottoposto dai Carabinieri di Bagnolo. In aula l’imputato ha negato di essersi mai recato a casa dell’imprenditore e ha giustificato il possesso dell’auto rubata dicendo che quell’auto l’aveva rubata qualche tempo prima senza però usarla. Dopo un litigio con sua moglie era andato via di casa e aveva ripreso quell’auto rubata cambiandole però la targa con quella di un’altra Fiat 500 per non essere scoperto dalla Polizia. A conclusione dell’istruttoria il pubblico ministero Raffaele Delpui ha ritenuto credibile la denuncia della vittima di quella strana visita soprattutto per la descrizione precisa che l’uomo diede dell’imputato. In considerazione dei precedenti per rapina e per possesso di armi dell’imputato, l’accusa ne ha quindi chiesto la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione. Una richiesta cui si è opposta la difesa che ha ritenuto invece assolutamente non affidabile la descrizione dell’imputato fornita da parte della parte offesa che in aula aveva riferito caratteristiche dell’imputato molto diverse da quelle descritte ai militari nell’immediatezza dei fatti. Il giudice ha accolto la richiesta di condanna avanzata dall’accusa contenendo però la pena a un anno e sei mesi di reclusione.