Con “La scuola” di Domenico Starnone si è conclusa martedì 19 aprile la stagione 2015/2016 del Teatro Toselli di Cuneo. La commedia, che originariamente si intitolava “Sottobanco”, è ritornata a calcare i palcoscenici con lo stesso regista (Daniele Luchetti) e una parte dello stesso cast grazie a cui, dal 1992 in poi, aveva riscosso un tale successo da ispirare un film (“La scuola”, appunto, del 1995). Ambientata in un a dir poco fatiscente istituto tecnico romano, la storia racconta lo scrutinio di fine anno della classe 4° D, in cui gli insegnanti devono compilare le pagelle, decidendo quindi chi promuovere, rimandare a settembre o bocciare. Il quadro che ne risulta è allo stesso tempo comicamente surreale e spietatamente realistico, per certi versi sempre attuale, anche se ora i tabelloni di fine anno si compilano col computer, e il Ministro dell’Istruzione non è più Rosa Russo Iervolino. Gli studenti evocati dal racconto, spesso grottesco, appaiono come un ventaglio di casi umani, svogliati, maleducati e irresponsabili, ma ad uscire ancora più malconci sono gli stessi insegnanti. Il protagonista, il professore di italiano e storia Cozzolino (il bravissimo Silvio Orlando), è deleterio nel giustificare anche i comportamenti più bizzarri e inaccettabili degli allievi, anche perché forse è convinto in cuor suo di essere un bravo educatore. La professoressa di ragioneria, con cui egli ha una specie di semi-tresca amorosa (Marina Massironi), è un’irritante buonista, piena di dubbi umani e professionali. Il preside è un burocrate ignorante, con una ridicola vocazione poetica (l’efficace Roberto Citran), interessato solo a eliminare problemi e possibili grane. Il professore di impiantistica (Antonio Petrocelli), più interessato al suo secondo lavoro che alla scuola, ha comportamenti a dir poco discutibili con le allieve. Il professore di religione (Vittorio Ciorcalo), oltre che essere un nemico della pulizia personale, ha una sua morale davvero poco cattolica. La professoressa di arte (Maria Laura Rondanini) è un’arrivista egocentrica, assolutamente disinteressata all’attività educativa. L’unico che pone davvero il problema reale della formazione degli studenti e del merito è il professore di francese (il brillante Roberto Nobile) ma, essendo un alcolista deluso dalla vita e dal fallimento professionale, lo fa in modo talmente poco “politically correct” da sembrare più razzista che lucido. Il gioco al massacro che deriva dall’interazione di questi personaggi, mossi da gelosie, invidie, patetici tentativi di vendetta o idealismi velleitari, travolge tutto e tutti e lo scrutinio si trasforma in un indecente mercato dei voti, dove alla fine si promuove chiunque. Unica eccezione: il sempre nominato Cardini, allievo particolarmente ostile alla logica della scuola, la cui unica capacità sembra quella di imitare una mosca, insetto che ispira una delle scene più belle dell’allestimento. Se le intenzioni di Starnone non appaiono sempre ben chiare (soprattutto per il non riuscito tentativo di renderci simpatici i due professori più “umani”), lo spettacolo in compenso funziona notevolmente grazie ad un cast brillante, affiatato e molto ben diretto da Luchetti. Non si può dire certo la stessa cosa per il penultimo appuntamento della stagione del Toselli, l’imbarazzante “La regina Dada” (visto il 14 aprile), scritto, interpretato e diretto dal normalmente strepitoso pianista Stefano Bollani e dall’attrice Valentina Cenni, anche sua compagna nella vita, ammirata l’anno scorso nell’”Otello” di Lo Cascio, dove recitava la parte di una Desdemona inusualmente guerriera. Privi di un controllo esterno che potesse frenare i loro rispettivi ego, i due hanno costruito un copione macchinoso, inutilmente cerebrale e tutto sommato incomprensibile, dove le parti recitate si alternano a quelle musicali. Se dal vivo queste ultime incantavano e ipnotizzano per la tecnica ineccepibile di Bollani, le prime erano invece noiose e moleste, facendo percepire come eterno uno spettacolo in realtà lungo poco più di un’ora. In compenso, un plauso va fatto allo Studio Anonimo di Max Sturiale, autore della bellissima scenografia sghemba, e a Luigi Biondi, visionario responsabile delle luci.
