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Martedì 6 maggio 2025

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Maltrattamenti in famiglia: condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione

Botte, insulti, ingiurie e minacce alla compagna, che lo aveva infine denunciato nel settembre del 2022

Mondovì

La Guida - Maltrattamenti in famiglia: condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione

Si è concluso con una condanna a 2 anni e 8 mesi, il processo a L.D.M., l’uomo denunciato a settembre del 2022 dalla ex compagna per maltrattamenti, accusa che è stata poi contesta dal Pubblico Ministero Francesca Lombardi in forma aggravata dal fatto che proprio l’aggressione del settembre del 2022 che portò alla denuncia avvenne in presenza della figlia dei due.
I giudici hanno accolto la ricostruzione fatta dal Pubblico Ministero di quanto emerso in istruttoria circa il dramma vissuto dalla donna, costretta in una convivenza che fin dal suo inizio, nel 2020, si era mostrata ben diversa da come lei l’aveva immaginata. Oltre agli insulti, le ingiurie e le minacce, in quei due anni, infatti, erano state tre le richieste di intervento ai Carabinieri che la donna aveva fatto a causa di litigi, scatenati dall’ubriachezza di lui e per due volte la donna era stata ricoverata in Pronto Soccorso dopo essere stata picchiata. Già prima del settembre del 2022, la donna si era, infatti, rivolta in lacrime alla caserma dei Carabinieri dopo essere stata sbattuta contro il termosifone. Era l’aprile del 2021 e la donna era da poco rimasta incinta; quando arrivò dai Carabinieri, il militare che l’accolse si accorse subito, nonostante la mascherina anti Covid, dell’abrasione sotto l’occhio e sullo zigomo, “era molto spaventata e piangeva in modo incontenibile”, aveva riferito in aula il Carabiniere che prese la denuncia della donna e la affidò alle cure dei sanitari, che le refertarono 12 giorni di prognosi. Quella querela venne poi ritirata nella speranza che i buoni propositi del suo compagno si avverassero e che avrebbe smesso di bere. Invece, la cose peggiorarono, “lo prometteva sempre ma continuava a bere, in casa e fuori casa. A volte quando tornavo dal lavoro lo trovavo a terra completamente ubriaco. Mi diceva che non valevo niente, che per lui ero un ripiego, non valevo niente rispetto alla sua ex fidanzata, odiava la mia famiglia, non voleva che li vedessi, mi aveva isolata da tutti” – aveva riferito la donna. Accuse confermate dalla madre e dalla sorella che avevano riferito di essere state progressivamente estromesse dalla sua vita a causa del compagno che non le voleva vedere, e dalla vicina di casa che un giorno incontrò la donna seduta sulle scale di casa piangente e con una ciocca di capelli nelle mani, strappati da lui in una delle sue sfuriate.
La sera di settembre del 2022, lui le tirò contro un vasetto di yogurt colpendo anche la figlioletta di 8 mesi che la donna aveva in braccio e poi la ferì alla testa con il manico di una scopa, “sentivo il sangue che colava e avevo anche sporcato i vestiti della bambina” aveva riferito la donna, che dopo essere stata soccorsa dalla sorella denunciò l’uomo, il quale davanti ai giudici ha rigettato tutte le accuse di violenza, sostenendo che quelle ferite se le era procurate da sola e che tra di loro c’erano state solo delle discussioni; un atteggiamento che l’accusa aveva definito negante e sminuente della gravità dei fatti, chiedendone la condanna a 3 anni e 2 mesi. Richiesta di condanna cui si è associato l’avvocato Mario Vittorio Bruno, sottolineando la difficoltà della donna, di natura schiva e riservata a denunciare le aggressioni subite e che la portavano molto spesso a dormire in auto, piuttosto che rivolgersi ai familiari.
Di episodi non provati da testimoni e riferiti dalla parte offesa con molte imprecisioni e contraddizioni, ha invece parlato l’avvocata Ivana Tolardo, che ha contestato l’aggravante dovuta alla presenza della figlia, sottolineando che quando arrivarono i Carabinieri quella sera, trovarono la  bimba tranquilla in braccio al padre. Una ricostruzione che non è però stata accolta dai giudici, che hanno, invece, accordato la richiesta di risarcimento di 10.000 euro avanzata dalla parte civile, riservandosi sulla richiesta di revoca della misura cautelare di non avvicinamento cui l’uomo è tutt’ora sottoposto.

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