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Domenica 19 gennaio 2025

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Simone Muratore, addio al calcio dopo la lotta al tumore

Il giocatore di Villafalletto ha detto addio al calcio giocato a 26 anni dopo la lotta con il tumore al cervello: “Ci ho provato fino alla fine a tornare, mi sono resto conto di avere la fortuna di essere guarito e di stare bene”

Cuneo

La Guida - Simone Muratore, addio al calcio dopo la lotta al tumore

“Oggi metto un punto alla mia carriera da giocatore, ci ho provato fino alla fine a tornare, ci ho messo lacrime e sudore, ma non ero più come prima, mi sono reso conto che comunque avevo la fortuna di essere guarito e di stare bene. Impari a dare importanza alle cose quando sei a un passo dal poterle perdere. La vita è un dono meraviglioso”.

Simone Muratore ha annunciato nei giorni scorsi, con una lettera su Instragram, il suo addio al calcio, dopo una carriera che da Villafalletto è arrivata fino al debutto in Champions League a 21 anni, l’11 dicembre del 2019, con la maglia della Juventus (sul campo del Bayer Leverkusen), ma che si è interrotta bruscamente per un grave tumore al cervello (neurocitoma al ventricolo sinistro) contro cui Simone ha lottato negli ultimi tre anni. Nel corso della sua carriera, Simone ha giocato anche 4 partite in Serie A nella Juve di Sarri (di cui 2 da titolare, vincendo lo scudetto), poi è passato all’Atalanta per 7 milioni di euro e ha giocato in prestito alla Reggiana in Serie B e poi al Tondela, in Portogallo, nella stagione in cui la sua carriera si è fermata per il tumore.

Adesso arriva l’addio al calcio giocato con una lettera in cui Simone Muratore racconta così la sua decisione (dopo la notizia del ritiro, la Juventus avrebbe proposto a Muratore un ruolo di collaboratore tecnico delle giovanili).

“Sono passati 3 anni da quel giorno, una notizia arrivata a ciel sereno che ha cambiato la mia vita e quella di chi mi sta attorno. Neurocitoma al ventricolo sinistro. Attimi di pensieri, di domande, di rabbia. Non ho mai versato una lacrima, ho sempre cercato di farmi vedere forte agli occhi degli altri, dal giorno della notizia fino alla notte prima dell’intervento, in camera con mia mamma, la donna più forte che abbia mai conosciuto, quando sono scoppiato a piangere come un bambino, con la paura di non risvegliarmi più o comunque di svegliarmi e non essere più lo stesso di prima. Sono stati giorni, settimane, mesi, anni di sofferenza. Ho dovuto reimparare a parlare bene, camminare, a correre, scrivere, leggere, contare, era come se fossi tornato un bambino e ho dovuto ricominciare tutto da capo, dal giorno zero. Ci sono stati giorni che facevo fatica anche ad alzarmi dal letto nonostante mi sentissi già meglio. Oggi metto un punto alla mia carriera da giocatore, ci ho provato fino alla fine a tornare, ci ho messo lacrime e sudore, ma non ero più come prima, mi sono reso conto che comunque avevo la fortuna di essere guarito e di stare bene. Ho avuto la fortuna di giocare con giocatori straordinari, fuoriclasse, dentro al campo ma soprattutto fuori dal campo, e questo non me lo toglierà mai nessuno. Sono grato a tutto quello che ho fatto e conquistato dentro a quel rettangolo verde, insieme ai miei compagni, diventati poi miei amici. Sono stati anni magnifici, il campo, lo spogliatoio, la passione, sono cose difficili anche da spiegare se non le provi in prima persona. Ringrazio in primis la mia famiglia per essermi stata accanto sempre. Tommaso, il mio bimbo unico e speciale che mi ha dato la forza per andare avanti, e infine i miei amici. Ringrazio la società Juventus, Atalanta e Tondela per essere state accanto. Impari a dare importanza alle cose quando sei a un passo dal portele perdere. La vita è un dono meraviglioso”.

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