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Sabato 27 aprile 2024

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Processo per la morte sul lavoro di Bashkim Toska, a marzo la sentenza

L'operaio edile 59enne il 26 febbraio del 2020 venne travolto da un càssero del peso di circa mille chili che serviva per la gettata di calcestruzzo

La Guida - Processo per la morte sul lavoro di Bashkim Toska, a marzo la sentenza

Limone Piemonte – Con le richieste di condanna avanzate dal pubblico ministero e le arringhe delle parti civili e delle difese, è arrivato alle battute conclusive il processo per la morte di Bashkim Toska, il 59enne operaio edile che il 26 febbraio del 2020 venne travolto da un càssero del peso di circa mille chili che serviva per la gettata di calcestruzzo. A processo furono rinviate sette persone tra operai e responsabili delle ditte che operavano all’interno del cantiere dove erano in costruzione delle villette. Tre di questi, F.B.  e A.B., rispettivamente socio amministratore  e operaio della ditta Edil 2014, la ditta che stava realizzando i càsseri, e J.K. legale rappresentante della ditta che aveva in subappalto alcuni lavori in muratura e per la quale lavorava la vittima, chiesero il rito abbreviato e vennero condannati, i primi due a 2 anni e 4 mesi e 1 anno e 4 mesi, il terzo a 2 anni di reclusione. Un quarto imputato venne prosciolto in udienza preliminare, mentre gli altri tre scelsero il rito ordinario in corso al tribunale di Cuneo. Si tratta dell’ingegnere R.C. coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori per conto della società committente Limo-one s.r.l., F.S. capo commessa e coordinatore del cantiere per conto della società Fantino Costruzione che aveva in appalto il cantiere e A.K. rappresentante della Edil 2014. Secondo il tecnico dello Spresal i pannelli di quel càssero costruito a ridosso di un piano scosceso non erano stati puntellati adeguatamente – vennero usate asticelle di legno anziché dei piombatoi – e a causa delle violente raffiche di vento che quel giorno si abbatterono su tutta la vallata, caddero proprio mentre passava Toska che venne investito in pieno. La vittima, al suo primo giorno di lavoro in quel cantiere, lavorava per la ditta che stava realizzando opere in muratura nel seminterrato ma era  salito al piano superiore per prendere dei tondini di ferro. Ai tre imputati è stata contestata, ognuno per quanto di propria responsabilità, la mancata predisposizione delle adeguate misure di sicurezza ritenute necessarie in cantieri complessi dove operano ditte diverse. Tesi contestata dalle difese secondo cui sia il manuale di montaggio del cassero che il piano operativo di sicurezza descrivevano in maniera precisa la procedura da seguire, e il cui mancato rispetto era ascrivibile agli imputati già processati e condannati in rito abbreviato. Secondo il pubblico ministero invece, stante le responsabilità penali già riconosciute, se fossero stati predisposti percorsi differenziati tali da separare le varie aree del cantiere e se fosse stato definito anche un codice di comportamento da tenere in caso di vento forte sul cantiere, la caduta di quel càssero non avrebbe provocato vittime. È questa la conclusone del perito della Procura che pur concordando sul fatto che se il càssero fosse stato montato correttamente le raffiche di vento non lo avrebbero fatto cadere, ha aggiunto che la delimitazione con una bandella dell’area dove stava avvenendo il montaggio avrebbe impedito il transito ad altre persone in quell’area più pericolosa. Secondo il perito della difesa però, sarebbe stato un fatale errore della vittima quello di spingersi in quella zona del cantiere per cercare del materiale che invece era contenuto in un bidone posto proprio nelle vicinanze della scala che dal piano interrato portavano al piano superiore. Al termine dell’istruttoria l’accusa ha chiesto la condanna a 2 anni per R.C. e 2 anni e 6 mesi per F.S. e A.K., richieste condivise dalle parti civili che in rappresentanza della moglie, figlie, nipoti e genero, hanno chiesto una provvisionale risarcitoria di 100mila euro ciascuno. Le difese invece hanno contestato l’assoluta mancanza di un nesso di causalità fra i motivi della morte dell’operaio e le  contestate carenze nelle misure di prevenzione del Piano di Sicurezza e Coordinamento redatto dalla società appaltante in merito alle specifiche in caso di vento forte, o le contestate carenze nel Piano Operativo di Sicurezza della Edil 2014 in merito alla predisposizione di bandelle di delimitazione dell’area di lavoro. Il 15 marzo è attesa la sentenza dopo le repliche delle parti.

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