Cuneo – I primi dodici mesi della guerra in Ucraina hanno avuto impatti estremamente significativi sull’economia mondiale e in particolare su quella europea, che è apparsa più esposta di altre al rialzo dei prezzi del gas.
Ma le operazioni di guerra non hanno coinvolto solo gli approvvigionamenti energetici dalla Russia: anche i sistemi agroalimentari vivono una pressione inedita, conseguenza del ruolo che i Paesi interessati dal conflitto hanno nel sistema globale degli approvvigionamenti alimentari. Russia e Ucraina prima dello scoppio del conflitto rappresentavano, infatti, importanti bacini di approvvigionamento: circa il 34% delle esportazioni mondiali di cereali, il 17% di quelle di mais e oltre il 75% del mercato mondiale dell’olio di semi di girasole. Si tratta di circa il 12% delle calorie esportate nel mondo.
Va inoltre ricordato il rilievo di questi Paesi nella produzione di fertilizzanti. In Russia e Bielorussia, Paese che a tutti gli effetti è parte del conflitto, infatti, viene prodotta una quota rilevante di nutrienti per la terra, con circa la metà della produzione mondiale di nitrato di ammonio, il 38% del potassio, il 23% di ammoniaca e il 12% di urea.
La guerra ha inasprito la tendenza alla volatilità dei mercati. L’iniezione di liquidità utilizzata per sostenere la ripresa post pandemia aveva già favorito una certa corsa dei prezzi, che inevitabilmente è stata accelerata con l’invasione della Russia. Il blocco dei porti del Mar Nero e le reazioni commerciali che le parti hanno inevitabilmente posto in essere come arma di pressione, hanno sostenuto la rapida crescita delle quotazioni. Solo nei primi mesi del conflitto l’indice dei prezzi alimentari è cresciuto del 34% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A partire dall’estate del 2022, e in particolare con l’accordo sullo sblocco dei porti del Mar Nero, le quotazioni hanno ripreso un lento calo, con l’indice dei prezzi Fao che nel mese di gennaio 2023 si attestava su un valore pari a 131,2 rispetto a 135,6 di gennaio 2022 e, dunque, a livelli pre-guerra.
Non sono mancate, infine, le ripercussioni sul fronte delle esportazioni di prodotti agroalimentari made in Italy con la Russia, che da anni, nonostante le misure restrittive dovute all’embargo avviato nel 2014, si conferma un importante sbocco commerciale per diversi prodotti italiani come il vino, la pasta e l’olio.
Nei primi dieci mesi del 2022 le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani verso Russia e Ucraina sono inevitabilmente calate con un arretramento che ha visto diminuire le vendite di circa 100 milioni di euro.
In termini relativi, in Ucraina la perdita è del 21%, mentre in Russia intorno all’8%. Diverso è il peso assoluto dei due bacini, con l’export verso la Russia che nei primi 10 mesi del 2022 ha sfiorato i 500 milioni di euro, mentre l’Ucraina si attesta sui 220 milioni di euro.