Ametista Arnaldi vive a Torino, lavora a Fossano dove cuoce le sue terrecotte nel forno a legna unico in Piemonte. Scrive l’artista in una sua nota biografica: “Ho scelto come nome d’arte Ametista non soltanto perché amo questa pietra, ma perché essa crea la poesia, la musica, un’arte che tutto unisce e nulla disperde. L’artista va nei campi, scava nel grembo materno della terra profonda per trovare una bella zolla grande: la raccoglie, la porta nel suo antro, la prepara con cura mettendola a bagno nell’acqua, la setaccia, la fa seccare e poi la modella. Che cosa usa per il colore? I minerali, la cenere di graspi di uva, di petali, di fiori, di foglie, eccetera. L’artista cuoce tutto nel forno magico a legna ad una temperatura di 950-1000°. Quando si apre la porta del forno, lo stupore è grande e si rinnova in un modo sempre diverso ed entusiasmante. L’opera misteriosa e geniale ha trovato ancora una volta la sua realizzazione ed il suo compimento”.
Esegue terrecotte dalle forme essenziali, primordiali, attraversate da segni, incisioni, striature ricoperte da sfumature di vari colori, ottenute dalla combustione di essenze vegetali caratteristiche e specificamente individuate dall’artista. I suoi lavori si presentano in forma di installazioni tridimensionali polimateriche, ispirate a temi ideali di bellezza ed equilibrio tra uomo e natura.
“Le opere di Ametista – dice Cinzia Testio – comunicano tanta ricchezza estetica e concettuale e suscitano in chi le osserva una molteplicità di emozioni che portano a riscoprire le origini dell’uomo, proiettandole sulla storia e sul futuro evidenziando lo scandire del tempo che modella la sua esistenza e la spiritualità che arricchisce la nostra anima” .
L’artista ha partecipato a mostre personali e collettive in varie località del Piemonte e in altre località italiane. Ha svolto esperienze variegate nel mondo dell’espressività. La sua pittura era inizialmente sperimentale, realizzata con pigmenti puri stesi con tecnica informale.
Scrive Roberto Guerrini: “Ametista certamente rifugge da una dimensione tecnologica, utilitaristica, teleologica e, in ultima analisi, esterna alle ragioni profonde del fare stesso, per proporre una libera, ispirata ed incondizionata azione dal sapore magico, alchemico, atavico (ma anche ecologico), atta ad indagare ed esprime la potenza delle infinite declinabilità formali e cromatiche della materia (o del materiale) decisamente aldilà di semplicistiche connotabilità culturologiche(…) L’autrice esprime così un’arte che, come si userebbe dire in campo musicale, è “assoluta”, cioè non accessoria, ancillare o asservita a null’altro (meno che mai alle muse incantatrici del mercato e della fama) che non sia l’esclusivo servizio di se stessa, delle proprie precipue peculiarità e potenzialità”.