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Sabato 20 aprile 2024

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Inseguimenti e visite, messaggi e chiamate: a processo per stalking

Vittima una ragazza di Borgo San Dalmazzo, nei guai un giovane di Carmagnola: dopo il divieto di avvicinamento, anche gli arresti domiciliari

La Guida - Inseguimenti e visite, messaggi e chiamate: a processo per stalking

Borgo San Dalmazzo – Per molti mesi, dopo la conclusione della loro relazione durata circa due anni, lui aveva continuato a molestarla con telefonate, regali e messaggi inviati da profili social creati appositamente per aggirare le misure di blocco che lei aveva adottato per tenerlo a distanza. Tante le volte che si era presentato a casa sua citofonando per indurla a uscire di casa e parlare con lui, tanto da obbligarla, in periodo di lezioni on line, a staccare il citofono per poter seguire le lezioni. Una volta le aveva inviato un selfie fatto all’interno del suo giardino: “Aveva scavalcato la recinzione – ha raccontato la ragazza – e sentivo che tirava sassolini contro il vetro della finestra. In un’altra occasione mi chiese di scendere per parlare, e poi mi prese di peso per farmi salire sul suo furgone. Mi spaventai, riuscii a prendere le chiavi e gettarle lontano”. La prima denuncia venne presentata il 19 giugno 2021 dopo un inseguimento in auto, mentre lei con il fratello andavano a Fossano dalla nonna: “Faceva manovre spericolate per superarci, ci mettemmo paura e ci fermammo. Mi rifiutai di scendere dall’auto per parlargli e lui per stizza diede un pugno sul lunotto posteriore della propria auto e si ferì a una mano”. In quell’occasione vennero chiamati i Carabinieri che raccolsero la denuncia della giovane e in seguito annotarono tutti gli episodi di molestie subiti in quei mesi e che portano alla misura cautelare del divieto di avvicinamento; misura che l’attuale imputato, M. V. di Carmagnola, violò tanto da indurre l’autorità giudiziaria a inasprire il provvedimento con la misura degli arresti domiciliari. Quando gli venne notificata la misura verso fine 2021, il ragazzo disse ai Carabinieri che “facevano ridere, che loro non erano in grado di difendere la ragazza e che se avesse voluto avrebbe potuto ucciderla”. A queste accuse l’imputato ha ribattuto riconoscendo di aver molestato l’ex fidanzata, ma perché la fine della loro relazione era avvenuta per un’accusa di tradimento che lui rigettava e per cui aveva cercato invano un chiarimento: “Sentivo di essere odiato per cose che non avevo fatto – ha detto l’imputato in aula – e questo mi ha fatto malissimo. Quella frase detta ai Carabinieri era solo una critica verso quel provvedimento che mi avrebbe fatto perdere il lavoro, ma era un provvedimento inutile perché lei non rischiava nulla da me”. M. V. ha anche sostenuto che il giorno dell’inseguimento in auto, in realtà lui non li stava seguendo e l’incontro fu casuale, lui aveva fatto i fari per salutarli e loro si erano fermati autonomamente, ma poi lei gli aveva gridato di andarsene e lui per stizza aveva dato il pugno al lunotto. In aula i Carabinieri che hanno raccolto le tante denunce della giovane e condotto le indagini hanno riferito di numerosissimi messaggi telefonici e chiamate alla ragazza da numeri sconosciuti; in particolare quelle, più di una trentina, nei giorni a ridosso del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, cui fece seguito l’inasprimento della misura cautelare. L’udienza è stata rinviata per la discussione al 27 giugno.

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