Quando l’autore Renato Lombardo parla di appartenenza, di identità sa di muoversi su un terreno ambiguo soprattutto nel mondo di oggi. Sono infatti concetti dal doppio volto che spesso non riescono a specchiarsi l’uno nell’altro.Indicano, per un verso, radici da cui si proviene e a cui si affida il compito di identificare la propria vita, di definirne l’anima. Un complesso di relazioni, cultura, storia che si intrecciano a formare, nel senso letterale, la singolarità della persona che è ricchezza a sua volta piccola radice per le nuove generazioni.
Ma questa stessa identità, se mal interpretata o letta strumentalmente, può essere pericolosa, andare a braccetto con l’esclusione, consegnare l’individuo o il gruppo all’isolamento. Così si perde di vista l’alterità che è la dimensione orizzontale dell’identità, quella che nel segnare le distanze storiche e culturali apre alla ricchezza delle relazioni, coglie l’altro come opportunità.
Consapevole di questa ambiguità, Renato Lombardo va “in cerca degli ultimi guardiani del tempo” e torna a raccoglierne le testimonianze dirette. Il termine viene dai “gardoun” di pietra, quei “testimoni” interrati che definiscono proprietà e confini.
In un’economia agricola la terra è la “base della vita”, un tesoro su cui è fondamentale affermare la proprietà, non come egoistico possesso, bensì quale sorgente di sussistenza. A questi “guardiani lapidei” fanno da contraltare nel libro gli altri guardiani, quelli che con le parole oggi custodiscono la memoria e la condividono. Per questo ogni capitolo del libro fa riferimento a una persona. Pierin parla delle castagne, Petou d’Tounin dla Risso, al secolo Pietro Galliano, ricorda la borgata Scaletta, Claro d’Grilou spiega come si fa la “gargamasca”, un fischietto col ramo di salicone, scortecciando il legno sempre secondo un preciso rito e relative formule magiche. Spesso affiorano borghi, come la borgata Cauri, ora disabitata, ma dal fascino misterioso. Anch’essi sopravvivono alla loro agonia attraverso i ricordi e le storie che li hanno visti involontari palcoscenici. Altre volte sono tradizioni che si ripetono ancora come la Bahio di Castelmagno o il Roumiage di Santa Lucia di Coumboscuro. Altre infine legate a personaggi storici o fantastici come la Reino Jano o la Patrouneto di Riosecco ricordata come masca.
Persone che si fanno storie perché il passato riaffiori nella sua ricca varietà, per salvaguardare l’identità come ricchezza da condividere. E ogni racconto ha l’immediatezza di chi l’ha vissuto, mentre l’autore fa un passo indietro e si atteggia a raccoglitore di memorie.
Acò Noste. Appartenenze
di Renato Lombardo
La Cevitou
20 euro