L’imponente mole della Rocca la Meja accoglie in copertina il lettore. Esprime visivamente il percorso che si accinge a fare seguendo una guida fuori dall’ordinario come Francesco Tomatis, docente di filosofia teoretica a Salerno già autore di “Filosofia della montagna”. Chi ha fatto esperienza diretta del panorama che attornia la Rocca può percepire cosa significa quell’urgenza di verticalità che costituisce la direzione lungo cui si muovono queste pagine: da un grande pianoro si slancia verso l’alto questa massa rocciosa e lo sguardo ne segue il versante fino alla cima attratto e affascinato.
La montagna di Tomatis è luogo di silenzio dove l’uomo incrocia se stesso con le proprie aspirazioni, con la percezione dello “stare al limite” e con il mondo esterno pieno di vitalità. Lontano dalle società tecnocratiche della bassa, l’ambiente montano si offre quale spazio dove riflettere la propria interiorità. Infatti, dice l’autore, ogni persona è già in cammino e il sentiero che conduce verso l’alto è tappa capace di dar forma a questo andare, tanto da diventare, la montagna, un “luogo di conversione”. Di qui discende l’intera struttura dell’ampia riflessione. Una prima parte “La via della montagna” segue questa dimensione della verticalità. È un andare verso l’alto che è anzitutto esperienza individuale: “ciascuna può percorrerla soltanto in prima persona”. Il confronto con il mondo naturale diventa dialogo con se stessi. L’esperienza della verticalità costringe naturalmente a porsi di fronte ai propri limiti mortali, a riconoscersi parte e non padrone di un universo che stupisce.
Lo sguardo e il passo che porta fino alla cima non sortiscono nel banale “toccare il cielo con un dito”. Anzi lassù, dice l’autore, si percepisce l’irriducibile alterità dell’oltre. Definisce gli orizzonti umani ed è esperienza benefica, perché, secondo una citazione da Aldo Giordano, “chi non ha orizzonte sopravvaluta e ingigantisce ciò che gli sta più vicino”. È l’esperienza di un abisso che, paradosso linguistico, innalza, segue la linea della verticalità verso l’infinito. Non è banalmente la percezione della piccolezza. Immenso e piccolo si richiamano a vicenda in un dialogo intessuto di stupore quasi immediato di fronte alla grandezza della cima, meno scontato nel cogliere la piccolezza come fucina di riflessioni che si esprimono di volta in volta in forma di pensiero (filosofi), di immagini (artisti), di quotidiano vivere sui monti. Tutte persone su cui Tomatis intrattiene una sua personale rivisitazione rivelando così l’ambiente umano, sociale, persino economico e naturale della realtà alpina. Non è però “una filosofia della montagna unidirezionale”. Il cammino verso l’alto contempla anche il ritorno ed è la seconda parte del libro, la “rivoluzione montana”. Lungo questi sentieri Tomatis rilegge pensatori celebri da Heidegger a Pareyson, da Vattimo a Einaudi, ma incrocia anche vite che nelle valli e sulle cime hanno trovato il loro spazio esistenziale. Scalatori, scrittori, artisti fino alle anonime persone che hanno costruito nei secoli e vivono oggi la cultura alpina. Ben lontano dunque da guide alpinistiche al servizio del semplice piacere, il libro di Francesco Tomatis preferisce parlare di “alpi-misticismo” ricomprendendo scie di pensiero, laico e religioso, più disparate in originale dialogo con i silenzi delle vallate per “ascoltare con l’anima ogni respiro”.
La via della montagna
Francesco Tomatis
Bompiani
pp. 688 euro 19