Franco Garelli ha bisogno di poche presentazioni. Illustre sociologo che da decenni si occupa del rapporto religione-società, docente dell’Università di Torino, scrive un saggio dal titolo che colpisce “Gente di poca fede” con sottotilo molto eplicativo “Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio”.
È un titolo da leggere su due fronti. Da un lato, indica la stanchezza religiosa che da tempo sta vivendo il cattolicesimo in Italia, un Paese che sembra dirsi cattolico più per la tradizione che per le scelte di vita. Dall’altro richiama le parole di Gesù che la fede debole è un tratto dell’umano di ogni epoca, per la difficoltà di tutti di rapportarsi a un grande messaggio religioso. Non è una scusa o un lavarsi le mani di fronte a una fede debole ma è la presa d’atto che la modernità non ha cancellato il sentimento religioso ma lo ha reso più fragile. Una fragilità che si confronta con nuove fedi e culture, con il diffondersi nel paese delle posizioni ateo-agnostiche, con il calo delle pratiche, la riduzione dei sacramenti, la laicizzazione delle grandi cerimonie familiari, e la religione si riduce spesso a uno strumento pedagogico. Garelli porta cifre chiare a questa tesi: metà degli italiani non si riconosce nelle religione cristiana, la partecipazione alla messa domenicale riguarda il 22%; l’insegnamento religioso nella scuola è oggi inferiore al 50 %; così come le persone disposte a dare l’8 per mille delle tasse alla Chiesa. Insomma l’epoca in cui viviamo ha una idea debole e plurima della verità su tutto. Anche nella religione.
E questo significa un successo del cosiddetto “cattolicesimo culturale”, cioè uno stile di chi si dichiara catolico più per ragioni “ambientali” che per specifiche convinzioni. Un cattolicesimo più delle intenzioni che del vissuto e che sfocia in politica al ritorno della difesa dei simboli cristiani non come valore vissuto ma solo come presa di coscienza identitaria.
Ciò che sta nascendo è un nuova religiosità al plurale, nella quale la religione cattolica è presente ma non più prevalente. E il Dio a cui si fa riferimento non è un Dio “creduto” dice Garelli ma solo più “sperato”. La fede in lui è in fondo solo più una speranza, perché il credere è relativo. Dove il Dio a cui si fa riferimento diventa spesso una misteriosa potenza soprannaturale che può sempre aiutarci, in una religione universale che diventa sintesi di tutte le fedi. Insomma un Dio che sembra solo più sopravvivere.
Una ricerca voluta dalla Cei, da leggere e su cui riflettere.
Gente di poca fede
di Franco Garelli
Il Mulino
16 euro