Cuneo – Stufo degli attacchi alla zootecnia, un cuneese che è anche referente regionale e nazionale per la categoria si schiera a difesa degli allevatori, anzitutto quelli avicoli: Oreste Massimino, allevatore ed esponente di Confagricoltura, replica alle accuse ribadendo che la filiera avicola è virtuosa, responsabile e sostenibile. Tre aggettivi, sempre più attuali, che Massimino declina così.
“Virtuosa perché opera nel pieno rispetto delle direttive codificate dalla Comunità Europea sul benessere animale. Viene applicato il principio che gli animali, per poter esprimere tutte le loro potenzialità e produrre reddito, debbano essere messi nelle migliori condizioni di vita. La maggior parte degli allevamenti sono ormai a ventilazione forzata e garantiscono, all’interno dei capannoni, temperatura controllata e valori di anidride carbonica e ammoniaca entro i limiti imposti dalla direttiva sul benessere. Lo hanno constatato anche gli studenti dell’Università di Pollenzo durante una loro visita in un allevamento. La filiera è virtuosa anche perché la pollina, oltre a essere un ottimo fertilizzante per i campi, è sempre più richiesta dagli impianti di biogas, contribuendo così alla produzione di energia pulita.
È responsabile perché nel 2018, a fronte di poco meno di 9.000 controlli ufficiali effettuati dall’autorità sanitaria, la positività per la ricerca di residui nelle carni e stata zero. Parimenti, l’uso degli antibiotici, che vengono utilizzati solo per le terapie e sempre sotto stretto controllo veterinario rispettando i tempi di sospensione, è calato in questi ultimi anni di oltre l’82%. Ciò, grazie al miglioramento degli ambienti, ai nuovi metodi di profilassi vaccinale, alle rigorose misure di biosicurezza instaurate.
È sostenibileperché l’avicoltura è il settore zootecnico con il più basso rapporto fra alimento consumato e accrescimento. Mentre negli anni ‘70 erano necessari più di 3 kg di alimento per produrre 1 kg di carne, oggi, grazie alla costante selezione genetica, ne bastano 1,6- 1,7. Ciò significa che per produrre lo stesso quantitativo di carne basta quasi la metà dei cereali e quindi la metà di territorio coltivato, la metà di acqua per irrigarlo e la metà di fertilizzanti. Per ogni 2 punti di riduzione di indice di conversione si risparmiano circa 250.000 ettari di suolo coltivato”.