Ha ottantadue anni Remo quando la pandemia gli offre il tempo per rivedere la sua vita. Le poche righe del prologo scivolano dolcemente, in un passaggio che sembra cinematograficamente sfumato, verso il passato immergendosi nei ricordi dell’infanzia.
Il romanzo di Ermanno Giraudo non è però il classico racconto di formazione. Rinuncia ben presto ad ampliare troppo lo sguardo evitando così sfilacciature. Concentra tutta l’attenzione in un anno filtrando le giornate attraverso gli oggi del bambino.
Sono tempi duri quelli della guerra. Povertà da affrontare sia oggettivamente nelle privazioni materiali sia nel livellamento sociale che il conflitto e le sue conseguenze impongono. Trovarsi al piano della gente “comune”, col proprio palazzo sventrato dai bombardamenti, con quel che rimane dell’antico sfarzo esposto “senza pudore”, con l’urgenza di lavorare per vivere come prima facevano i mezzadri, fino ad arrivare al bisogno di affidare il proprio figlio ad una famiglia lontana, sebbene accogliente, per consentirgli di studiare: tutto questo non è facile da affrontare e accettare per un esponente della famiglia De Nobilis, baroni di Roccanera a suo tempo imparentati con Savoia.
Questo momento, che pare sospeso e incerto nel fluire del tempo, si imprime nella memoria del piccolo Remo come un nuovo inizio. Il cammino riprende lontano da casa nella famiglia di Clelia e Nin, una coppia semplice, accogliente dignitosamente disponibile ad aiutare chi un tempo dettava i ritmi delle giornate. Lì Remo trova quella semplicità che diventa sinonimo di genuinità d’affetti. Sono le cure di Clelia, le attenzioni della maestra Romana, i giochi con gli altri bambini. È la scoperta di valori finora poco frequentati, forse troppo stretti nel formalismo del rango sociale.
È in questo anno che si gioca la formazione del piccolo Remo. Sono ricordi che alla fine non sfuggono a un velo di nostalgia subito corretta dalla consapevolezza della ricca eredità che gli hanno lasciato.
Il romanzo si racchiude nelle esperienze di questo anno. Leggerle attraverso gli occhi del bambino consente all’autore di sfuggire ad una certa retorica del tempo passato sempre in agguato, perché Remo è il narratore, ma anche il protagonista. Le vive con l’immediatezza delle giornate sempre nuove, non necessariamente felici: “Non che tutto andasse bene, sia chiaro” si affretta a precisare quando si tratta di tirare le fila.
Il giovane Remo
Ermanno Giraudo
Nerosubianco
16 euro