Ironia e leggerezza non fanno a pugni con il realismo nei racconti e poesie raccolte in questa antologia di autori che hanno risposto al bando dell’Associazione Primalpe per il settimo concorso di “Cultura e tradizioni”. Si percepisce chiaramente che nei testi non c’è velleità letteraria, ma il desiderio di comunicare qualcosa di personale. Può essere l’emozione davanti a un paesaggio, la scoperta di un gesto che apre nuovi orizzonti, il ricordi di giorno trascorsi o semplicemente una fiaba in cui scavare per trovare la morale nascosta.
Le pagine sono punteggiate di ricordi legati anzitutto a persone. Sono genitori, sono nonni, ma anche persone che in qualche modo hanno giocato il loro ruolo nella famiglia, spesso colte nei giorni del tramonto. Eppure se anche è evidente la coscienza di un passato velato di nostalgia, è altrettanto netta la sensazione che questi momenti trascorsi hanno lasciato nell’animo degli autori una ricchezza da custodire, anche da condividere per essere testimoni di uno sguardo positivo sul mondo.
È significativo, poi, che questa dimensione di leggerezza passi sempre attraverso delle relazioni. È il marito partito per la Russia e non più tornato, sentito con profonda nostalgia, ma anche grande dignità. È il gesto di accoglienza di un’”ombra buona, ombra madre” che si è “allontanata” in silenzio, ma ancora si percepisce presente. L’incursione nel mito dà spazio a un Prometeo che ha rubato il fuoco agli dei consegnandolo agli uomini consapevole che “ho fatto abitare dentro di loro le cieche speranze”.
Tutto è all’insegna della bellezza. Dai paesaggi naturali a quelli dell’animo sono tratteggiati con sguardi di ricercata serenità. Persino il confronto con una malattia degenerativa fa scaturire l’esclamazione “ma io amo la luce”.
Non è facile ottimismo. I testi hanno il valore di testimonianze di persone che non vogliono insegnare, ma soltanto raccontare. Lo chiariscono i curatori dell’antologia allorché scelgono per la prima pagina una citazione di Amos Oz: scrivere perché “qualcosa non sparisca, che non sia come se non fosse mai stato”.
Lo stesso peso hanno le poesie che con registro diverso raccontano dello stupore davanti al mondo. È il cicaleccio mutevole del bosco, l’estate col piacere di stendersi nell’erba, la cappella le cui campane rispondono alle preghiere dei passanti. Le poesie tornano a osservare con delicatezza i moti dell’animo esprimendo il desiderio di non essere soli perché “ho bisogno di occhi su di me”, l’amore di fronte a cui arretra il “domani non v’è certezza”, l’affetto per i familiari colti in un’atmosfera sospesa di silenzio e tenerezza.
“Guardo il mare e non ho più bisogno di niente” canta una voce anche se nella pagina prima un’altra lo percepisce come cupo dove “c’è tanto buio, c’è tanto freddo”: sensibilità diverse che nella nostalgia come nell’esperienza intima del silenzio e della pace trovano unità. Sembrano rispondere a quel sogno di ali per volare che ha bisogno però di un salto non sempre facile da compiere.
Primalpe duemilaventitrè
di artisti vari
Editrice Primalpe
euro 12