Cuneo – È stato condannato a due anni e dieci mesi di reclusione il medico di famiglia M. B., accusato di violenza sessuale da una sua paziente. Il collegio dei giudici presieduto dal dott. Marco Toscano ha anche inflitto al medico l’interdizione dai pubblici uffici e la sospensione dell’esercizio della professione.
Nell’estate 2020 la donna si era rivolta al medico per dolori addominali e poi per lividi sulle gambe. In entrambe le visite però la signora aveva provato profondo disagio perché il medico invece di concentrarsi sui dolori che la donna lamentava le sollevò la biancheria palpandola nelle parti intime. Disagio avvertito durante la prima visita e confermato successivamente quando invece di capire a che cosa erano dovuti i lividi sulla gambe il medico insistette con palpeggianti sul petto tanto da indurre la signora a dirgli di smetterla perché il dolore non riguardava quella zona, giudicando quel modo di fare “non medico, toccava e guardava avvicinandosi molto al corpo”, aveva riferito in aula la signora.
Dopo la denuncia della donna, le indagini della Squadra Mobile di Cuneo si concentrarono sulle donne che negli ultimi tre anni avevano chiesto di cambiare quel medico di base; gli agenti ne trovarono 15 che, ognuna a insaputa dell’altra, avevano avuto esperienze imbarazzanti nel corso di visite mediche. I motivi per cui le signore si erano rivolte al medico erano vari, dal dolore all’orecchio all’infezione alle vie urinarie, da fenomeni allergici a dolori addominali; tutte le donne ascoltate avevano riferito di essere state palpeggiate all’improvviso senza alcun preavviso e senza alcuna spiegazione medica che giustificasse quell’atto. Tutte dopo quell’esperienza decisero di cambiare medico.
In aula l’imputato si era difeso dicendo di non ricordare il secondo episodio lamentato da quella paziente e che nel corso della visita per i dolori addominali aveva notato una cicatrice per un intervento di peritonite e che forse nel corso del controllo aveva inavvertitamente toccato le parti intime, aggiungendo però che la paziente non gli disse di smetterla.
La pena inflitta dal collegio dei giudici è stata più alta dei due anni chiesti dal pubblico ministero Francesco Lucadello che aveva sottolineato nella sua arringa la sussistenza del reato di violenza sessuale dovuto alla mancanza di consenso cui il medico è sempre tenuto nei confronti del paziente, abusando quindi del proprio potere, mentre per la difesa svolta dall’avvocato Flavio Manavella si sarebbe dovuti arrivare a un’assoluzione non essendo stato provato in maniera certa il reato, vista l’inattendibilità della parte offesa che nel corso della vicenda, tra la fase delle indagini e l’istruttoria processuale, avrebbe più volte modificato la propria versione dei fatti rendendo di fatto priva di credibilità la propria accusa.