Marina Pepino è nata a Fossano nel 1960. Ha frequentato l’Istituto d’Arte e in seguito si è iscritta all’Accademia Albertina di Torino, sezione scultura. Oggi insegna al Liceo Artistico Pinot Gallizio di Alba.
Nel 1989 dona una scultura monumentale dal titolo “A Camille” al Comune di Fossano. L’opera è attualmente collocata nel giardino del Naviglio di San Giuseppe. Basilare per la sua vita artistica, l’intenso e costante lavoro di ricerca condotto sotto lo stimolo di forti esperienze umane. Tra queste, la più incisiva è stata senz’altro quella a contatto con i pazienti dell’ex Ospedale Psichiatrico di Racconigi, dove è presente dal 1990 al 1994 come arte terapeuta. Altre fonti culturali decisive per la sua formazione sono rappresentate da varie forme artistiche sia teatrali che musicali, con particolare riferimento all’espressione corporea. L’esperienza come arte terapeuta segna profondamente il suo percorso creativo: il lavoro di ricostruzione, esistenze lacerate, spezzate e il concetto di recupero di pezzi abbandonati e frammenti da assemblare con il procedimento di montaggio sino ad arrivare alla ricomposizione di immagini perdute, quasi armadi o teatrini della memoria, dove l’animazione è affidata, per lo più, a minuscole figure in terracotta.
“Marina- scrive Sandra Berruti – è diventata scultrice forse perché, come dice Louise Bourgeois, si deve abbandonare il passato o accettarlo e se non si riesce ad accettarlo si diventa scultori. In lei arte e vita si compenetrano alla ricerca di un’intima fusione liberatrice. Le sue sculture, anche le più astratte in apparenza, nascono da una realtà concreta; poi diventano stravaganti, giocose, a volte umoristiche, ma riflettono sempre l’emozione che suscitano ricordi veri o spettacoli reali che nel suo spirito maturano prima di venire alla luce”.
L’artista rappresenta prevalentemente figure femminili attraverso temi giocosi, divertenti; rappresenta inoltre temi sociali come le condizioni disagiate degli emigrati che, fuggendo, cercano di sopravvivere ai difficili viaggi per mare. Alcune delle sue opere si ispirano ai miti pavesiani dei “Dialoghi con Leucò”: “Tutti sanno che Odisseo naufrago, sulla via del ritorno, restò nove anni sull’isola di Ogigia, dove non c’era che Calipso, antica Dea”. Scrive a proposito ma Pepino: “Calipso che si è chiusa nell’isola che è diventata lo spazio del suo destino, eterno e quindi fuori dal tempo. Il mito è l’impronta che le cose lasciano, è il ricordo che non si dissolve, che perde solo i contorni meno importanti e rimane come essenza e parla a ciascuno in modo diverso”.
“C’è un percorso circolare, o quasi, nella scultura di Marina Pepino, – dice Ida Isoardi – un andamento che sempre prevede il ritorno come nelle stagioni, nella natura. La sua vocazione monumentale, allontanandosi dal grandioso, fa capo ad una concezione cosmica che in se include tutti i contrari e le possibili varianti linguistiche di uno specifico operare. Fasi di lavoro apparentemente dissimili, segno di un continuo cimentarsi dell’artista, finiscono per ricomporsi in un unico pensiero, chiaro e antico, che si manifesta in un animismo vissuto, resistenza spontanea allo snaturarsi del mondo. Ciò che costituisce l’istinto dominante in Marina è la materia in tutte le sue potenzialità espressive. Ha lungo ha prevalso l’azione del modellare, la sostanza fittile presente in immagini su grande o piccola scala; in seguito ha elaborato il concetto di “recupero” di pezzi abbandonati, umili o triviali frammenti da assemblare e riportare in vita e in dignità di forma. La metafora è trasparente e parte dall’esperienza di arte-terapia che così profondamente ha segnato il percorso creativo della scultrice: il lavoro di ricostruzione, sempre parziale,di esistenze spezzate, lacerate, dimenticate. Con il procedimento di montaggio si arriva alla ri-composizione di immagini perdute, quasi armadi o teatrini della memoria, dove l’animazione è affidata per lo più a minuscole figure in terracotta. Questo stesso materiale è alla base di ieratiche icone femminili, esotiche e arcaiche, che annunciano la ripresa di una figurazione “in grande” da parte dell’artista. In un’epoca di decrepitezza degli idoli appare del tutto rigenerante questo attingere a fonti remote, primordiali, quasi un canto pagano e accorato alla natura”.
Alcune opere di Marina Pepin0 sono in mostra fino al 25 settembre a Palazzo Lucerna di Rorà già Oreglia di Novello per “grandArte Help 2022 Flussi, grovigli, bagliori”, “Scena da un Mondo (ir) responsabile” collettiva di artisti contemporanei a cura di Enrico Perotto e Giuseppe Formisano a fianco di opere di Giulia Ferrando, Grazia Gallo, Romina Mandrile, Luca Milanesio, Carole Peia, Luna Potenziere, Serena Racca, Renata Raviola, Valentina Salvatico, Alessia Silvano e Paolo Turco. Sabato 15/18. Festivi 10/12 e 15/18.