
“Una continuità di lavoro, di presenza e di attenzioni alla nostra realtà ecclesiale e sociale”. L’invito del vescovo monsignor Piero Delbosco, nel passaggio di consegne da Ezio Bernardi al sottoscritto, indica in modo chiaro la strada che come giornale dobbiamo continuare a percorrere.
Un testimone che raccolgo, in una nuova veste, nella continuità del servizio a La Guida, alla chiesa locale e alla comunità tutta, consapevole che è un’eredità pesante ma avvincente ed entusiasmante. Un testimone che proprio da poche settimane ha ottant’anni di vita. Era il 25 agosto del 1945 quando usciva il numero I dell’anno I del “settimanale cattolico cuneese” La Guida: due pagine dense di scrittura, senza fotografie, con l’obiettivo di “dare luogo alle informazioni di vita internazionale, di vita italiana e particolarmente di vita locale, interessante la nostra diocesi e provincia… nulla vogliamo che ci sia estraneo, ma nella luce particolare sotto cui la considereremo. Non vogliamo ignorare il mondo, anzi lo cerchiamo, ne partecipiamo le ansie e le conquiste, vibriamo con ogni anima, ci investiamo dei suoi problemi…” così scriveva su quella prima pagina il primo direttore, il canonico Stefano Pellegrino.
Il desiderio di informazione, di sentirsi investiti dei problemi di tutti e di dare voce a tutti, soprattutto a chi meno ne ha, rimane oggi per noi, lo stesso del 1945. Un’informazione seria, responsabile, di qualità, che rispetta e non cerca lo scandalo, che cerca di andare a fondo delle cose, che non cerca di semplificare ma di parlare con chiarezza raccontando la complessità dell’oggi e soprattutto che non cede alle contrapposte divisioni ma che vive di relazione.
Il giornale è un’opera di ingegno collettivo, raccontiamo alle tante scolaresche che visitano la nostra redazione durante l’anno. E La Guida in questo senso vuole essere davvero “cattolica” cioè universale, perché è opera di tutti soprattutto di voi lettori. Vuole essere casa e famiglia, un’occasione di incontro e confronto. Tutto quello che accade non può non interessarci, se vogliamo essere voce libera di una comunità diocesana e insieme di una città e di una provincia grande, bella e composita come la nostra.
Grazie al vescovo Piero che con fiducia mi ha affidato questo compito. Grazie a chi mi ha insegnato questo mestiere fantastico che è il raccontare consumando le scarpe (e le ruote della bicicletta), mettendoci la faccia e guardando negli occhi, un mestiere che è legato al desiderio di cercare, alla passione, al sogno, nella speranza di contribuire, di settimana in settimana, a una comunità un po’ migliore perché più informata e consapevole. Perché per tutti c’è sempre tempo per cambiare e può avvenire se si vuole bene alle cose che si fanno e al luogo in cui si vive. Grazie a chi mi ha preceduto, Ezio Bernardi, che lascia un giornale che, come ha ricordato, è diventato non solo strumento di informazione ma anche spazio di relazione e condivisione. Grazie ai miei colleghi, con cui da tanti anni, fianco a fianco, condivido la difficile sfida dell’informazione del territorio. Grazie a voi lettori a cui chiedo una sempre più sincera e continua collaborazione e a cui garantisco una porta sempre aperta al dialogo e al confronto. E grazie, mi sia concesso, alla mia famiglia che sempre mi è vicina e mi accompagna.