
Nicola Villa, tavola per l’Evangelario ambrosiano, Festa del SS. Corpo e Sangue di Cristo – Anno C.
Gen 14,18-20; Sal 109; 1Cor 11,23-26; Lc 9,11b-17
I discepoli sono di ritorno dalla loro missione di annuncio della Buona Notizia: hanno tanto da raccontare, da condividere. Gesù cerca riposo insieme ai suoi, desidera la solitudine forse anche per ascoltare il racconto dei dodici. Ma le folle lo precedono e Gesù offre loro tutta l’attenzione coinvolgendo i suoi discepoli. Siamo a Betsaida, la terra natale di Pietro, Andrea e Filippo, secondo il racconto di Giovanni. Ma qui è sottolineato il trovarsi in un «luogo deserto». Un luogo di silenzio (quello che cercavano Gesù e i suoi discepoli), ma anche lo spazio dove emergono i bisogni, dove si sperimenta il vuoto e la mancanza. Di lì a poco Gesù si incammina verso Gerusalemme, consapevole che sarà il compimento della sua vita, il dono totale di sé.
Il miracolo dei pani è ricordato in tutti e quattro i Vangeli. Evidenti sono i richiami al cammino del popolo d’Israele verso la terra promessa, in particolare l’episodio della manna nel deserto. Anche qui, come nel racconto antico, è la cura, la premura di Dio per il suo popolo ad essere messa in rilievo.
Nella pagina di Luca questa premura, la compassione, ha il volto attento di Gesù. Insegna. Guarisce, il suo sapere compatire, farsi compagno di strada della gente, emerge ancor più in primo piano, posto com’è sullo sfondo di un paesaggio desertico che esprime ed esplicita la mancanza, il bisogno.
Il linguaggio e i gesti di Gesù annunciano quelli Eucaristici: nella cena con i discepoli prima della Passione saranno gli stessi, contro un paesaggio fattosi desertico intorno a lui e nel cuore dei discepoli. Luca ricorderà ancora questi stessi segni (prendere il pane, benedirlo, spezzarlo, porgerlo ai discepoli) nell’incontro del Risorto coi due discepoli di Emmaus: anche là sarà ormai sera, il giorno ormai compiuto, il cuore dei discepoli un deserto della speranza.
Il miracolo dei pani può avvenire perché i discepoli hanno il coraggio sufficiente per condividere i loro cinque pani e i due pesci. Il miracolo si fonda sul pane condiviso. Per Gesù, il comprare va sostituito con il condividere.
Di quale trasformazione abbiamo bisogno perché anche la nostra vita giunga a sazietà? Dal racconto evangelico, evidenziamo tre passi di conversione che Gesù chiede di compiere.
Anzitutto insegna ai discepoli ad accogliere.
All’inizio del racconto, Luca scrive che, quando sopraggiungono le folle, Gesù le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio. Poco dopo i Dodici gli si avvicinano dicendo: «Congeda (‘manda via’) la folla…». È evidente il contrasto: mentre Gesù accoglie, i discepoli congedano, mandano via.
La missione dei Dodici doveva essere stata efficace, feconda. Eppure, paradossalmente, la loro rimane una missione che annuncia il Regno, ma senza saper accogliere. Il primo e fondamentale verbo della missione dei discepoli è accogliere, perché l’accoglienza qualifica lo stile di tutto ciò che facciamo.
Il secondo passo di conversione: «Voi stessi date loro da mangiare».
Alla luce del significato eucaristico che questo gesto assume nel Nuovo Testamento, l’espressione non indica solo il «preoccupatevi voi stessi di dar loro da mangiare», ma «date loro la vostra stessa vita». Nel segno del pane condiviso è la vita stessa che viene condivisa. Come scrive Paolo alla comunità di Corinto, ricordando ciò che Gesù ha compiuto nell’ultima cena, celebrare la memoria di quel gesto deve significare anche il diventare memoria vivente di quel gesto.
Il terzo passo di conversione: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Il pane donato, la vita donata, devono creare comunione. Occorre avere cura non solo di saziare la fame di pane, ma anche la fame di relazioni, di legami veri. La vita spezzata, la vita condivisa, devono educare altri a divenire disponibili a spezzare e a condividere a loro volta la propria esistenza.
Sarà eccessivo immaginare che i discepoli, anziché dare un pezzo di pane a ciascuno, non abbiano dato il pane a queste piccole comunità perché poi, al loro interno, tornassero a distribuirselo e a condividerlo tra loro?
Nella festa del Corpo e Sangue del Signore siamo invitati a contemplare non solo la presenza reale di Gesù nei segni del pane e del vino, ma anche a riconoscere quel Corpo di Cristo che dobbiamo diventare come Chiesa, a condizione che le nostre logiche umane si lasciano convertire da quella del Regno, che è la logica dell’accogliere, donarsi, condividere creando legami buoni.
Allora persino il poco basta per tutti, perché a rendere un giardino il deserto sono i verbi della condivisione e del dono.