Il territorio di Mondovì si presenta come un luogo unico grazie alla varietà di paesaggi, alla sua storia e all’intreccio di arte e cultura. La città è stata fondata intorno al 1198 e presenta ancora oggi quartieri caratteristici e differenti tra loro. Grazie alla funicolare, inaugurata nel 1886, è possibile raggiungere agevolmente la parte alta della città. Il progetto si deve all’ingegnere bolognese Alessandro Ferretti, grande esperto di ferrovie di montagna e progettista di molti impianti tecnologici all’avanguardia per l’epoca, tra cui quelli del Monte dei Cappuccini a Torino. Allora le vetture funzionavano a vapore e la portata giornaliera era di circa 700 persone. Già nel 1887 sono però stati necessari alcuni cambiamenti tecnici: in una prova a vuoto il sistema di frenaggio si rivelò infatti inefficace e le due vetture si scontrarono distruggendo parte della stazione di Breo. Al funzionamento a vapore si sostituì quindi quello a contrappeso d’acqua che sarà in vigore fino al 1926, quando la funicolare sarà elettrificata. Oggi la salita non è solo comoda e veloce, ma anche capace di regalare un panorama mozzafiato.
Sull’ampia piazza Maggiore si affacciano gli edifici più importanti di Mondovì: la chiesa di San Francesco Saverio, decorata dalle pitture di Andrea Pozzo, l’antico municipio, il Museo della Ceramica e il Palazzo del Governatore. Una breve passeggiata conduce al Belvedere, dominato dall’antica torre simbolo della città. Sulla strada che conduce alla sommità della collina, troviamo il complesso di edifici che costituisce la sede del Vescovado di Mondovì. La struttura vanta una storia secolare che risale alle origini della Diocesi, nella seconda metà del Trecento. Per trovare una sede idonea al primo Vescovo, il genovese Damiano Zoagli, il 23 ottobre 1389 il comune di Mondovì acquistò il palazzo dalla famiglia dei Borghese, un palazzo signorile con annesso il giardino. Sono 41 i vescovi che hanno abitato queste stanze e nel tempo hanno promosso non solo lavori di abbellimento ma anche interventi strutturali che offrono all’edificio l’aspetto attuale. Il palazzo del Vescovado ospita inoltre, e curiosamente, la Sala delle Lauree dove trovarono collocazione i ritratti dei monregalesi illustri. L’Università monregalese aveva qui la sua sede a partire dal 1560 ma i corsi furono soppressi già nel 1566. Nella Sala delle Lauree furono conferite lauree a chi studiava privatamente, fino alla definitiva soppressione dell’università.
Nel 1719 il Vescovado tornò alla sola funzione di sede vescovile. Nella Sala dei Vescovi si possono ammirare ancora oggi i ritratti dei vari vescovi che si sono succeduti nella Diocesi di Mondovì. La Sala degli Arazzi prende il nome dai quattro arazzi che decorano le pareti. Il tessitore è il fiammingo Francoes van den Hecke, uno dei più famosi tessitori delle Fiandre, attivo all’inizio del Seicento a Bruxelles. Sempre a Mondovì Piazza, è da segnalare il Museo Civico della Stampa che propone un percorso innovativo tutto da scoprire tra installazioni multimediali e macchine da stampa. L’allestimento museale multimediale è articolato in sei sale al piano terra, due laboratori didattici e una tipografia a conduzione familiare al primo piano.
Riscendendo dalla collina di Mondovì Piazza e tornando verso la parte bassa della città, sempre grazie alla funicolare, è da menzionare la chiesa dei Santi Pietro e Paolo che si affaccia su una delle piazze più caratteristiche di Mondovì Breo, dove si incontrano le antiche Contrà Longa e Contrà Larga. La facciata barocca ha una scalinata marmorea, opera di Giuseppe Quadrone, un pregevole portone intagliato, in alto l’affresco del Morgari sulla predicazione degli apostoli Pietro e Paolo e la cacciata di Simon Mago. Sulla sommità è stato istallato nel 1798 il “Moro”, il notissimo automa meccanico. L’interno della chiesa presenta una decorazione pittorica di ottima fattura e pregevoli esempi di scultura. Particolarmente interessanti sono i busti ritratto del parroco don Giovanni Gazzano e del benefattore don Marco Antonio Bruno, rispettivamente del 1643 e del 1631. Al Settecento appartengono invece il crocifisso dell’altare maggiore e la ariosa statua del Cristo Risorto. Allo scultore Antonio Roasio, molto apprezzato nell’Ottocento, si deve invece buona parte dell’apparato ligneo della chiesa.