Mentre camminava sotto i portici di corso Giolitti a Cuneo nel tardo pomeriggio del 3 novembre 2022, era stata aggredita verbalmente da una donna; per lo spavento si era rifugiata all’interno di un negozio e aveva chiamato il 112. Agli agenti della Questura che la raggiunsero pochi minuti dopo, la signora e la titolare del negozio fornirono la descrizione della donna che dopo l’aggressione verbale era rimasta davanti alla vetrina a guardarla per un po’ e che venne trovata poco dopo mentre camminava sotto i portici. Alla richiesta di documenti da parte degli agenti la donna rispose: “Sono chiunque vogliate, tanto voi sapete tutto, scopritelo da soli, io non ve lo dico”. Una frase che A. G., 41enne marocchina, continuò a ripetere anche in Questura dove venne accompagnata per l’identificazione e la segnalazione per rifiuto a fornire le proprie generalità. “Per tutta la durata dell’intervento aveva mantenuto un atteggiamento strano – ha riferito in aula l’agente di pattuglia -, nessuna violenza né mancanza di collaborazione, si era però fatta ripetere più volte quello che volevamo come non capisse e mentre verbalizzavamo sembrava parlare tra sé dicendo cose non comprensibili, sembrava in stato confusionale”. L’unica domanda a cui la signora rispose era quella sul suo stato di salute, quando mostrò una ricetta della psichiatria della Asl con segnati alcuni farmaci. Gli agenti chiamarono l’ambulanza e la donna venne condotta in ospedale dove poi rimase ricoverata per 15 giorni. In aula la donna ha riferito che poco tempo prima di questo fatto, quando si trovava in Sardegna, era stata aggredita dai Carabinieri e che per questo motivo era ancora sotto choc. Al giudice ha detto di aver risposto tranquillamente a tutte le domande degli agenti, i quali però avevano chiamato l’ambulanza e che in seguito lei era stata ricoverata per 15 giorni anche se non aveva niente: “Ora sono seguita dal Centro di salute mentale per un disturbo bipolare, ma è tutto a posto. Non sono la cattiva della situazione e non voglio passare come tale”. Per il pubblico ministero anche se apparentemente non si era trattato di un reato grave, ci sono volute più di due ore per portare a termine quell’intervento e per questo è stata chiesta la condanna a 10 giorni di arresto. La difesa invece si è appellata alla momentanea incapacità di intendere e di volere e alla lieve entità del fatto per chiedere l’assoluzione della propria assistita; richiesta accolta dal giudice che l’ha assolta per particolare tenuità del fatto.