La chiesa parrocchiale (già abbaziale) di San Dalmazzo, che fino a pochi anni or sono pareva conservare solo poche tracce di un passato lungo ma oscuro, ha rivelato, nei lavori di restauro condotti in vista del Giubileo del 2000, che le sue radici affondano fino alla prima evangelizzazione delle Alpi Marittime, ad opera del santo a cui è dedicata. L’attuale prospetto della facciata è stato riportato in luce nel 1982. Presenta una particolarità: la struttura portante è di epoca romanica, a salienti scanditi da lesene, con archetti pensili rampanti, mentre la parte superiore è di epoca barocca, frutto di una sopraelevazione operata nel 1703.
L’interno si presenta a tre navate, affiancate da sei cappelle per lato, con i muri di divisione che hanno la funzione di contrafforti delle volte. L’impianto attuale è quello che la chiesa assunse fra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, quando appunto furono plasmate le cappelle e vennero costruite le volte. Tra le cappelle, sono di particolare interesse le prime due della navata sinistra. La prima ospita il Battistero, destinazione che assunse nel 1884, con vasca del marmista Vallauri e il gruppo scultoreo di “Gesù, San Giovanni Battista e Eterno Padre”, opera del savonese Antonio Brilla. Subito dopo si incontra la cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, quella che meglio ha conservato la fisionomia barocca con la ricchezza degli stucchi e la vivacità dei dipinti (dedicati ai miracoli del santo) che la ricoprono totalmente. Da notare poi, nella quinta cappella, una pregevole tela (Crocifisso tra San Filippo Neri e Sant’Agostino) attribuita a Sebastiano Taricco.
Lo sguardo del visitatore non può poi non salire alla grande volta che copre la navata centrale, affrescata nel 1890 dal caragliese Giovanni Battista Arnaud. Nel riquadro maggiore campeggiano in due gruppi: la Vergine Assunta tra una corona di stelle e di angeli volteggianti e, più in basso, i santi Dalmazzo, Rocco, Sebastiano e Benedetto. La decorazione prosegue, verso l’altare maggiore, con le figure di San Giuseppe e San Domenico mentre nel riquadro verso l’ingresso compaiono Santa Chiara e Santa Maria Maddalena. Sopra la tribuna dell’organo sono affrescati Angeli musicanti.
La grande composizione vuole sottolineare la mèta di santità e glorificazione a cui è chiamato il popolo cristiano: il paradiso da cui intercedono i santi patroni.
L’opera di Arnaud venne completata dal suo compaesano Salomone che nello stesso anno, in poco più di un mese, ne tracciò le decorazioni. L’anno successivo intervenne lo stuccatore e doratore Minoja che si occupò di plasmare i vivaci cartigli nel fregio e i capitelli delle lesene. (cfr: San Dalmazzo di Pedona – Itinerario storico e artistico, a cura di Gian Michele Gazzola e Franco Rovere)