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Domenica 22 dicembre 2024

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Alla scoperta della Pieve di San Maurizio a Roccaforte Mondovì

Per la sostanziale integrità, la particolarità della struttura a due absidi, le decorazioni e la suggestiva posizione sopraelevata costitutisce un unicum nell’architettura montana medievale

La Guida - Alla scoperta della Pieve di San Maurizio a Roccaforte Mondovì

La Pieve di San Maurizio si trova a destra del torrente Ellero, a circa 500 metri dal centro del paese. Nel 2002 fu oggetto di restauri che hanno contribuito alla sua buona conservazione. L’attuale edificio fu costruito tra il X e l’XI secolo dove già probabilmente esisteva un luogo di culto distrutto dai Saraceni. Le prime menzioni della chiesa risalgono ad alcuni atti di cessione di terre datati agli anni 1001 e 1011 come cappella edificata in onore di San Pietro. La chiesa ebbe la funzione di pieve per l’abitato che sorgeva più in basso. Nei secoli XII – XIII la pieve venne ampliata con la costruzione sul fianco a sud di una seconda navata, più piccola e anch’essa terminante con un’abside. Venne anche edificato, incorporandolo nella facciata, il campanile di piccole dimensioni, che termina con quattro belle bifore.
Per la sostanziale integrità, per la particolarità del disegno architettonico a due absidi, piuttosto raro in Piemonte, per le decorazioni e per la suggestiva posizione sopraelevata in un bosco di castagni, rappresenta ormai un unicum nell’architettura montana medievale.

La Pieve conserva importanti testimonianze dell’arte figurativa del Monregalese, dovute a tre successive campagne di affreschi. La prima e più interessante, messa in luce da recenti restauri, risale agli anni tra il 1050-1060. La seconda campagna è tardo romanica, la terza è collocabile nel XIV – XV secolo. Il restauro globale dell’edificio ha comportato il rifacimento del tetto a lose, la collocazione della nuova campana, la costruzione del pavimento in pietra, l’erezione del nuovo altare, il restauro degli affreschi. All’epoca era costituita in un’unica navata con abside, solo in epoca imprecisata e successiva ma nello stesso secolo, la chiesa fu ampliata con l’allungamento della navata esistente, la costruzione del campanile inglobato nel lato sinistro della facciata e l’aggiunta della navata minore destra.

I materiali per la costruzione, pietre rozzamente squadrate, ciottoli del vicino torrente Ellero, lo stile del campanile decorato con archetti ciechi, ne rivelano chiaramente l’appartenenza al periodo Romanico.
Per quanto riguarda la titolazione a San Maurizio, si può notare come non esistano raffigurazioni del Santo di epoca romanica, mentre l’affresco dell’abside maggiore risale di sicuro al XVII secolo ed è da ritenersi pertanto che forse la nuova titolazione avvenne nel XVI secolo, sotto l’impulso di compiacere i Savoia divenuti signori del luogo.

All’interno nell’abside maggiore si trova il ciclo di affreschi ascrivibile all’XI secolo, in quella minore e parzialmente lungo le navate, si nota lo stile romanico bizantino: una delle pochissime testimonianze rimaste in Piemonte. Gli affreschi, di autore anonimo, rappresentano il Cristo Pantocratore circondato da Serafini con i simboli dei quattro evangelisti, mentre sul velario ci sono varie scene che rappresentano figure di animali e mostri. Sull’arcata destra si trova rappresentato l’arresto di Gesù e il bacio di Giuda, mentre più in basso è raffigurata la scena di un duello. Nell’abside maggiore ci sono tracce di tre figure che rappresentano un leone alato e due personaggi aureolati. Sulla parete destra della navata maggiore sono dipinte scene del ciclo biblico della Genesi. L’albero del Bene e del Male con il Serpente, Adamo ed Eva, l’offerta di Abele. Sempre sul fianco dell’abside maggiore si può notare l’affresco della Madonna col Bambino e San Costanza datato 1486 e attribuito al pittore monregalese Giovanni Mazzucco. Gli affreschi più antichi, conservati solo in parte, trattano di episodi della Genesi, tema non raro all’epoca, ma insolito per l’ampiezza dalla rappresentazione che occupava, presumibilmente, gran parte dell’area disponibile della chiesa. Non si conosce l’autore, forse di ambito piemontese-lombardo, che si era formato nella tradizione ottoniana di oltralpe. L’impostazione bizantineggiante traspare dalla rigidità delle figure e dalla fissità degli sguardi, ma rivive con un linguaggio popolaresco e pennellate larghe e sicure.

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