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Lunedì 23 dicembre 2024

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La transumanza in Valle Maira, tra tradizione e nuove generazioni

La testimonianza di un giovane di Cartignano che ha deciso di vivere una vita a contatto con la natura: “Si deve avere la passione per fare questo lavoro”

La Guida - La transumanza in Valle Maira, tra tradizione e nuove generazioni

Dronero – La transumanza, dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’Unesco nel dicembre 2019, è tradizione ancora viva e forte in valle Maira. Quest’antica attività, contrariamente a quanto si possa pensare, non è una pratica riservata esclusivamente a un popolo di vecchi pastori, bensì è portata avanti anche da giovani che, proseguendo la tradizione dei loro avi, riscoprono l’amore per le terre alte. Tra questi c’è Alex Fina, giovane valmairese classe 93’, che ha deciso di portare avanti l’attività di famiglia scegliendo una vita a contatto con la natura. “Il periodo tipico della transumanza solitamente va dal 24 giugno, che coincide con la festa di San Giovanni, sino al 24 settembre, le date simbolo rimangono queste”, commenta Alex.

Tre mesi, dunque, in cui i pastori portano il bestiame in alpeggio, mesi in cui il tempo segue le stagioni, il sole, in un connubio indissolubile tra uomo e montagna. Parlando di come le cose sono cambiate rispetto a un tempo, anche per un mestiere così antico come la transumanza, Alex sottolinea come “una volta il percorso di uomini e animali veniva fatto interamente a piedi, a partire dalla cascina sino ad arrivare in alta montagna. Oggi le cose invece sono un po’ cambiate e la prima parte del percorso viene fatto con il camion che trasporta gli animali sino al punto più alto possibile, da dove poi si parte camminando”. Questo accade sostanzialmente per i problemi legati al traffico, alle auto che si trovano intralciate dagli animali, e inoltre, come aggiunge Alex, anche a causa “del rumore dei campanacci e del fatto che gli animali sporcano”.

Simbolo questo di un cambiamento culturale, di mentalità, che ha raggiunto anche i borghi più alti. Per il resto, la pratica della transumanza è rimasta inalterata e ancora oggi rappresenta una risorsa importante per le valli del Cuneese. “C’è un discorso legato a una tradizione millenaria volta alla salvaguardia del territorio – prosegue Alex -. Gli animali portati in alpeggio sono fondamentali anche dal punto di vista turistico, in quanto contribuiscono alla conservazione e alla pulizia delle terre alte. Senza questa pratica una gran parte delle nostre montagne andrebbe persa”. Il fatto, dunque, che gli alti alpeggi non vengano lasciati a sé stessi bensì frequentati ancora dall’uomo grazie al transito degli animali, seppur per pochi mesi all’anno, è di vitale importanza. “Ogni malgaro ha con la valle un contatto stretto, si reca sempre nei luoghi che rappresentano la tradizione di famiglia – spiega Alex -. Si può dire che la transumanza porta con sé un valore anche affettivo, di luoghi, abitudini e persone”.

La fatica non manca, ma il ritmo lento e autentico della natura ripaga sempre. “Io vado ancora a piedi a fare la transumanza, partendo da Cartignano senza l’ausilio dei camion – prosegue Alex -. La sera prima si mettono i campanacci, simbolo di questa pratica, e si parte poi a piedi verso le 5 del mattino, quando il sole non è ancora alto e non fa troppo caldo. Così si inizia il viaggio. Il mio è di circa due ore e mezza, e arrivati in loco si tolgono i campanacci, si crea il recinto e si inizia il pascolo, l’accudimento o ogni altra mansione necessaria. Durante i mesi della transumanza rimango poi nella nostra casa in montagna seguendo gli animali, e trascorro lì l’estate”. Ci sono poi numerose difficoltà legate alla montagna, dalla nebbia, alla pioggia, al freddo, tutti fattori che pesano notevolmente anche durante i mesi estivi, prosegue Alex, sottolineando in particolar modo una problematica che si è acuita notevolmente negli ultimi anni: quella dei lupi.

“La difficoltà si è accentuata in particolare negli ultimi tre anni, e soprattutto per quanto riguarda le pecore. Molti hanno abbandonato la transumanza a causa delle ingenti perdite. In alcuni casi si sono inseriti i cani, per proteggere gli animali, ma questa non è certamente una soluzione definitiva. Oltre che una perdita economica, si tratta anche di una perdita affettiva perché riguarda animali di cui ci si prende cura tutto l’anno”. Tuttavia, nonostante le fatiche e gli imprevisti che si devono tenere in conto, le cose belle per cui si continua a fare la transumanza sono sicuramente il contatto con la natura e il fatto di poter seguire i suoi ritmi. “Si deve avere la passione per fare questo lavoro – conclude Alex Fina -; ci devi nascere in questo mondo per poterlo capire fino in fondo”.

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