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Venerdì 27 settembre 2024

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Conflitti, atti terroristici e barriere commerciali penalizzano l’export

La ricerca di rotte alternative al Canale di Suez, da cui transitavano il 32% delle esportazioni italiane, ha fatto crescere le quotazioni del trasporto merci di oltre il 650%

La Guida - Conflitti, atti terroristici e barriere  commerciali penalizzano l’export

Negli ultimi mesi, nuove tensioni internazionali si sono sommate a quelle generate dalla guerra in Ucraina, con significative conseguenze non solo geopolitiche ma anche economiche, che hanno finito per impattare anche sui bilanci delle imprese agricole.
Lo scoppio del conflitto israelo-palestinese da una parte e dall’altra gli interventi terroristici messi in atto dagli Houthi, un gruppo islamico yemenita che a seguito degli accadimenti in Palestina sta portando avanti atti di pirateria nel Mar Rosso, entrambi stanno generando penalizzazioni anche per l’export agroalimentare nazionale .
Dal mese di novembre 2023 ad oggi si sono verificati decine di attacchi eseguiti dagli Houthi contro le navi in transito, che hanno reso necessario individuare rotte alternative. Per tale motivo le compagnie navali hanno dovuto sostituire il passaggio nel canale di Suez, una delle rotte più significative e fra le più economiche con navi di linea che viaggiano dall’Asia verso l’Europa e viceversa, con la più lunga e costosa circumnavigazione dell’Africa.
Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, fino allo scorso anno, nel canale di Suez transitava il 30% dei flussi navali a livello mondiale con il passaggio in media di 48 navi portacontainer e 25 petroliere ogni giorno. In volumi, si tratta di circa il 12% delle merci movimentate globalmente, pari a 1,4 miliardi di tonnellate di prodotti annui. Per quanto riguarda l’Italia, per il canale di Suez transitava il 32% dell’export agroalimentare italiano via mare, per un valore complessivo di 6 miliardi di euro.
Per bypassare il rischio di attacchi, gran parte dei traffici tra Europa ed Asia sono stati dirottati passando per il capo di Buona Speranza in Sudafrica.
Il cambiamento, secondo un’analisi del Centro Studi Divulga, ha allungato del 40% i tempi dei trasporti ritardando le consegne di oltre due settimane, con conseguenze non indifferenti sul deperimento delle merci. E l’impatto sulle tariffe è stato pesante: il nuovo percorso comporta un maggior consumo di carburante, costi più elevati del personale e delle tariffe assicurative per navi e merci, tanto che da dicembre 2023 a gennaio 2024 le quotazioni del trasporto dal Mediterraneo alla Cina sono cresciute del 659%.
La situazione di tensione mette a rischio, tra le altre cose, le consegne di ortofrutta italiana destinata in Asia, dalle mele ai kiwi – oltre 200 milioni di chili lo scorso anno – con la perdita di fette importanti di mercato che sarebbero poi difficili da recuperare.
Ad oggi la produzione frutticola cuneese destinata in Oriente non ha subìto gravi conseguenze, perché quando sono iniziati gli attacchi Houthi in risposta alla crisi mediorientale e sono state ridisegnate le rotte navali, era già stato immesso sul mercato il 65% delle mele e dei kiwi prodotti nella Granda. Ma in vista della nuova annata frutticola, le prospettive per l’export di frutta Made in Cuneo nei Paesi asiatici non sono incoraggianti.
“A tutto ciò si aggiungono le barriere commerciali che – evidenzia Coldiretti Cuneo – stringono la nostra frutta nella morsa del protezionismo. Ad esempio, le nostre pere nashi non possono andare in Cina perché non è stata ancora concessa l’autorizzazione fitosanitaria (mentre i nashi cinesi arrivano regolarmente sulle nostre tavole) e finché non è chiuso il dossier pere non si può iniziare a parlare di mele, perché i cinesi affrontano un dossier alla volta. Porte sbarrate anche ai kiwi nostrani in Giappone perché non è ancora completato il dossier fitosanitario aperto dal 2008, in barba all’accordo di libero scambio Jeta siglato dall’Unione europea con il Governo nipponico”.

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