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Venerdì 25 ottobre 2024

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Servitori e portatori di pace e riconciliazione

Nella Messa in ricordo delle vittime dell'Eccidio del 19 settembre 1943 don Bruno Mondino ricorda il ruolo di "servitore" che hanno svolto i sacerdoti Beati ma anche Antonio Vassallo e Ignazio Vian

Boves

La Guida - Servitori e portatori di pace e riconciliazione

“Antonio Vassallo, don Giuseppe, don Mario, Ignazio Vian sono stati servitori, diaconi: vuoi per i tanti favori che hanno fatto, ma soprattutto perché sono stati uomini che hanno saputo vivere responsabilmente la loro vita, le loro competenze, la loro fede.
In questo tempo, segnato da venti di guerra e da una tensione sociale sempre più forte, chiediamo di essere portatori di pace e di riconciliazione. Lo saremo se come Gesù, come i nostri martiri, sapremo essere servitori nel senso di sentirci responsabili: persone che coltivano valori veri e che nel momento del confronto o della lotta sanno stare al loro posto e fare la loro parte”.

Con queste parole don Bruno Mondino ha chiuso l’omelia durante la Messa officiata in ricordo delle vittime dell’Eccidio del 19 settembre 1943. In una piazza dell’Olmo gremita, alla presenza degli altri sacerdoti che guidano la comunità bovesana e di delegazioni provenienti da Schondorf, Mauguio e Castello di Godego, il parroco ha rimarcato l’importanza del porsi al servizio partendo proprio dal Vangelo del giorno in cui l’Evangelista Marco riporta l’insegnamento di Gesù: “se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

“Con la stessa parola “servitore”, diacono potremmo qualificare Antonio Vassallo, don Giuseppe, don Mario – ha detto don Mondino -. Il 19 settembre sono stati servitori della nostra città. Antonio era un imprenditore che già stava pagando di tasca sua la guerra: teneva aperta la fabbrica solo per non far partire per la Germania i suoi operai e quel giorno prende con sé 5.000 lire. Poteva dire: non tocca a me, ho già dato. Non era la prima volta che si giocava a rischio della vita, lo aveva già fatto negli anni giovanili nella prima guerra mondiale. Davvero Antonio è stato servitore e ci lascia la luce di una collaborazione preziosa con il parroco per il bene comune.
Don Giuseppe e don Mario si sono esposti tra gli indifesi (la gente in fuga, le orfanelle, la anziana trasportata da don Mario). Preziose le parole di don Giuseppe: pregate, scappate. Sembrano ovvie, ma hanno dato sicurezza a chi non capiva cosa stava succedendo. Quella notte nei rifugi di fortuna tanti hanno continuato a pregare. Anche loro sono stati servitori, diaconi non cercando nessuna deroga alla responsabilità loro affidata”.

Sempre durante l’omelia il parroco ha ricordato Ignazio Vian nel giorno in cui il comandante partigiano è stato commemorato ufficialmente da Comune e Anpi. Significativo e toccante il momento in cui il sacerdote ha letto il racconto di don Carlo Falco, vicino di cella di Vian alle Nuove a Torino, pubblicato su La Guida il 9 marzo 1946. Una testimonianza riportata per fare luce sul dramma delle guerre e raccontare un Ignazio “servitore”.

“La guerra – ha sottolineato don Bruno – è distruzione, morti, conquiste o sconfitte, ma questo è solo l’esterno. Vian ci fa entrare nel dramma interiore: quanti pesi nelle coscienze, quanto disorientamento e smarrimento, quanto dolore. Ma Vian è “diacono”: leale nei confronti dei suoi compagni di battaglia e nel suo servizio alla patria, prende con “coscienza”, con consapevolezza la decisione estrema ma anche sa chiedere la mano a Dio gridando “un prete!” Nell’attesa della condanna si avvicina sempre di più a Dio, ha riconoscenza per la famiglia, partecipa al dramma che stanno vivendo le città italiane. In carcere sicuramente non ha potuto fare molti servizi, ma è stato servitore tenendo alta la sua fede in Dio, tenendo in alto i suoi valori”.

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