Ascesa e declino delle criptovalute: dal 2009 a oggi con nomi diversi hanno solleticato comuni illusioni di facili e immediati guadagni. L’autore, gioca a carte scoperte confessando subito a sua sfiducia nella critovalute circa la possibilità di contribuire a “migliorare l’umanità”, al più saranno ininfluenti trovando un posto “nella lunga scia di mediocrità innovative, che avvelena tanta della produzione dell’umano intelletto”.
Fatte queste premesse il compito che si assume non è un’analisi economica, bensì smontare letteralmente l’immagine che le criptovalute si costruiscono. Se tecnicamente il breve saggio si muove spesso su un terreno che richiede una certa dimestichezza con l’argomento, è interessante l’impostazione generale che inserisce questa “novità” finanziaria nella tradizione capitalistica.
Lo spirito di fondo appare in linea con un liberismo esasperato. Criptovaluta sarebbe la soluzione per sfuggire al controllo delle istituzioni bancarie o statali, per approdare a transazioni senza intermediazione. L’autore dimostra invece come il sistema si fondi di fatto su un’illusoria libertà d’azione costruendo una fitta rete di relazioni e sostituendo un controllore ad un altro.
La rivoluzione annunciata delle criptovalute appare come “un pranzo di gala” espressione di un capitalismo “lussurioso” in cui agli invitati viene chiesto di affidarsi e affidare i propri soldi a strutture sconosciute. Il tutto fa leva sul diffuso sentimento “effimero, gaudente e vorace” che regola la vita privata e pubblica del mondo. È l’affermazione di una ricchezza che sembra a portata di mano senza troppo sforzo: “al più si tratterà di scimmiottare i broker di Wall Street, senza capire troppo bene ciò che si sta facendo, sperando di svoltare, senza muoversi dal divano di casa”.
Crypto Bluff
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