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Sabato 7 settembre 2024

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Caporalato: “Il protocollo Saluzzo non basta”

Il consigliere regionaleCalderoni: "Serve un coordinamento regionale per la gestione ed il sostegno dei lavoratori stranieri indispendabili per l'agricoltura piemontese e una forte azione politico-istituzionale sul Governo

Cuneo

La Guida - Caporalato: “Il protocollo Saluzzo non basta”
“Il protocollo Saluzzo non basta, serve un coordinamento regionale per la gestione ed il sostegno dei lavoratori stranieri indispensabili per l’agricoltura piemontese e una forte azione politico-istituzionale sul Governo”. Con Mauro Calderoni, consigliere regionale (Pd), ed sindaco di Saluzzo commenta la proposta dell’asssessore regionale al Commercio, Agricoltura, Cibo e Parchi Paolo Bongioanni (Fdi) che, intervenuto alla manifestazione “La terra deve dare buoni frutti” martedì pomeriggio aveva lanciato la proposta di estendere a tutto il Piemonte il Protocollo Saluzzo. Varato dalla Regione Piemonte nel 2020, il Protocollo Saluzzo è un progetto pilota che mette insieme e coordina Prefettura di Cuneo, il Comune di Saluzzo e altri Comuni del distretto frutticolo nel fornire servizi di sostegno ai lavoratori stagionali.
Ma quale modello Saluzzo? In questo momento nella mia città una cinquantina di lavoratori o aspiranti lavoratori dormono all’addiaccio sotto le piante di un parco pubblico – dice Calderoni in una nota ufficiale -. Non c’è nessun modello se non la tenace volontà di chi ha ruoli di responsabilità nelle istituzioni, negli enti, nelle categorie, nei sindacati, nel volontariato di fare ogni sforzo per mitigare un dramma che ha radici antiche come le troppe leggi sbagliate che lo determinano. 
Senza l’impegno volontario che va oltre le competenze specifiche delle tante e dei tanti coinvolti nel cosiddetto modello Saluzzo non si sarebbe fatto un passo in più della semplice e banale sottoscrizione di un protocollo a cui bisogna invece dare attuazione nella quotidianità reperendo risorse, personale, mediando con le aziende e la popolazione, informando e formando gli aspiranti lavoratori, accogliendoli se possibile, convincendo i datori di lavoro della necessità di garantire un alloggio dignitoso. 
Dopo tanti anni non mi stanco però di dire che occorre andare oltre e cambiare le regole: lo sfruttamento  lavorativo lo combatti se sostieni le aziende sane, che producono qualità e rispettano la legge e che sono la stragrande maggioranza. Cominciando a sconfessare l’ipocrisia di uno Stato a cui servono alcune centinaia di migliaia di lavoratori stagionali ogni anno, ma ne autorizza l’accesso a poche decine di migliaia perché ostaggio dell’insopportabile retorica dei respingimenti. 
A quel punto saremmo forse in grado di uscire dalla logica emergenziale con cui si è sempre affrontata la questione immigratoria nel nostro Paese e  superare l’inadeguata legge Bossi – Fini, usare i 200 milioni del Pnrr per cancellare i 38 ghetti degli immigrati censiti dal Governo già due anni fa, rendere obbligatoria l’ospitalità in azienda in cambio di una qualche forma di sgravio fiscale per le imprese serie, organizzare una banca dati che valuti il rapporto tra produzione di una azienda e numero di lavoratori dichiarati. Però basta parole, vi prego. Il presidente Cirio non ha fatto nulla di eccezionale se non mettere giustamente la propria firma sul lavoro generoso di tante brave persone, riprendendo peraltro un’intuizione che fu del suo predecessore Chiamparino.  Se davvero questa giunta regionale vuole fare qualcosa di concreto tuteli i lavoratori e supporti le aziende di un settore determinante per l’economia locale e nazionale e le cui produzioni sono apprezzate in tutto il mondo, non perdendo di vista la necessità di una riforma complessiva. Infatti finché non si approveranno nuove e più efficaci norme sui flussi di lavoratori dall’estero, sull’incrocio domanda e offerta di lavoro, sull’alloggiamento della manodopera stagionale, sul rispetto di norme e contratti, sul riequilibrio del carico contributivo nei diversi territori regionali e nazionali, le questioni di politica del lavoro e di integrazione continueranno a degenerare in situazioni emergenziali e drammatiche. In provincia di Cuneo esiste una buona pratica per cui molti soggetti (istituzioni, forze dell’ordine, parti sociali, aziende e terzo settore), che contribuiscono generosamente a gestire questa situazione complessa, sottoscrivono ogni anno un protocollo di impegno sotto l’egida della Prefettura.
Sia allora il Piemonte, che di questa buona pratica è protagonista principale, a farsi carico di questo lavoro di revisione normativa invece che semplice teatro di drammatici episodi di sfruttamento lavorativo. Iniziando magari dall’estensione a tutta la Regione del cosiddetto protocollo Saluzzo”.

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