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Sabato 7 settembre 2024

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Perché per qualcuno il cibo artificiale rappresenta una minaccia

I cibi creati in provetta sono prodotti con processi di lavorazione molto più simili a quelli dei farmaci

La Guida - Perché per qualcuno il cibo artificiale rappresenta una minaccia

Un’altra minaccia alla Dieta mediterranea arriva dal cibo sintetico o artificiale, che mette a rischio il futuro della nostra cultura alimentare, delle campagne, dei pascoli e dell’intera filiera del cibo Made in Cuneo e Made in Italy, nonché la stessa democrazia economica.
I cibi artificiali appaiono all’orizzonte nel 2013 con l’approvazione del primo prototipo di tessuti cellulari, prodotto in un bioreattore a partire da cellule staminali animali. Il raggio di impiego di queste tecniche si è allargato per replicare oltre alla carne, anche il latte, il pesce e le uova. Per produrre questi “cibi” vengono utilizzati siero fetale bovino e ormoni, senza i quali sarebbe difficile realizzare in pochi giorni quello che in natura impiega diversi anni.
Gli investimenti sono cresciuti rapidamente, sostenuti da diversi protagonisti del settore hi-tech e della nuova finanza mondiale, da Bill Gates (fondatore di Microsoft) ad Eric Schmidt (cofondatore di Google), da Peter Thiel (co-fondatore di PayPal) a Marc Andreessen (fondatore di Netscape), da Jerry Yang (co-fondatore di Yahoo!) a Vinod Khosla (Sun Microsystems).
Sulla carne artificiale – evidenzia Coldiretti Cuneo – solo nel 2020 sono stati investiti 366 milioni di dollari, con una crescita del 6.000% in 5 anni.
La produzione dei cibi artificiali è accompagnata dalla promessa di salvare il mondo, ma il racconto, a un’analisi più attenta, risulta pieno di falle e viziato da enorme parzialità. La verità che non viene pubblicizzata è che la carne in provetta non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore.
Il cibo artificiale sancisce la rottura del legame tra natura e produzione alimentare: moltiplicare cellule in laboratorio è cosa completamente diversa dall’allevare gli animali, coltivare e curare la terra. La “carne” o il “latte” creati in provetta non sono cibi ma prodotti ingegnerizzati, con processi di lavorazione molto più simili a quelli dei farmaci e con troppe incognite sugli effetti a lungo termine sulla salute umana.
A tal proposito, secondo la Fao e l’Oms “attualmente esiste una quantità limitata di informazioni e di dati sugli aspetti della sicurezza alimentare degli alimenti a base di cellule per aiutare i regolatori a prendere decisioni informate” (Rapporto Fao-Oms sui cibi a base cellulare, aprile 2023).
Oltre ai rischi per la salute, ci sono quelli per l’ambiente con l’abbandono delle montagne, la desertificazione delle campagne e conseguenze nefaste sulla sopravvivenza della zootecnia cuneese e nazionale, sul presidio e sulla cura delle nostre terre.
Il rapporto tra uomo, cibo e campagna ha migliaia di anni, ha forgiato civiltà, culture e paesaggi. La campagna è il luogo e il cibo è uno dei simboli più forti dei luoghi, in Italia più che in ogni altra parte del mondo. Il cibo artificiale mette in gioco la visione del futuro dei territori e della società.
Non è solo una difesa di interessi di un sistema, quello del Made in Italy agroalimentare, che nel tempo si è consolidato come asse portante dell’economia del Paese, ma di visione della società. Cultura, storia, responsabilità sociale, presidio e coesione territoriale potrebbero essere messe in gioco e progressivamente sradicate dai luoghi.
Una pericolosa deriva che, per ora, in Italia è stata sventata dall’entrata in vigore della legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di cibi sintetici.
La legge è arrivata a fine 2023 a seguito della campagna di sensibilizzazione avviata dalla Coldiretti che, per prima, ha acceso i riflettori sul business dei cibi da laboratorio, arrivando a raccogliere oltre 2 milioni di firme per contrastarne l’arrivo sulle nostre tavole.

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