Boves – Fra i luoghi meno “battuti” negli itinerari sul territorio bovesano, ci sono elementi in cui si mescolano storia, tradizione e leggenda.
Sulle colline di Fontanelle, ad esempio, ci si può imbattere su ruderi di castelli che permettono di raccontare parte della storia della frazione sin dalle sue origini, quando il borgo si chiamava Brusaporcello: la Brusà (terra arida) dei Pulisello, antica famiglia di Morozzo. Sulla collina di Pirinoli, che prende il nome dai proprietari del cotonificio fondato nel 1860, si possono trovare le mura di una villa realizzata dagli stessi Pirinoli alla fine dell’800. Costruita sopra le rovine dell’antica bastita, venne chiamata dai proprietari “castello”. Il Prof. Mario Martini racconta in un articolo sul Giornale di Boves che “per comprendere il motivo per cui i signori di Brusaporcello ritennero utile costruire la bastida, occorre richiamarci all’esigenza di mantenere in diretta comunicazione fra di loro i castelli disseminati nel territorio pedemontano. Difatti, in caso di pericolo, i vari signorotti trasmettevano l’allarme accendendo fuochi o servendosi di segnali convenzionali. Da Brusaporcello si poteva comunicare coi castelli di San Maurizio di Cervasca e di Roccasparvera ma non con il castello di Boves. La bastita venne pertanto costruita per stabilire un contatto indiretto con Boves che a sua volta, trasmetteva i segnali ai vicini castelli di Forfice e di Chiusa Pesio”.
“Ora il “castello” – raccontano Cinzia Racca e Michelino Giordano, “custodi” della storia della frazione – o quel che resta, luogo di feste e, secondo leggenda, di incontri amorosi, è abbandonato. In passato è stato depredato di tutto, anche dei mattoni, manufatti di fornaci locali. Tuttavia le sue alte mura esterne, con finestre dal sapore gotico, conservano ancora un grande fascino”.
Collocato sulla collina adiacente e raggiungibile attraversando una zona definita “u quac” (zona umida) ecco i ruderi del castello dei signori di Brusaporcello, “U Castel du Dusu”. Ora coperte da rovi, le mura si trovano sul vertice della collina vicina alla chiesa di San Lorenzo. Di questa struttura parla Mario Perotti ne “Repertorio dei monumenti artistici della provincia di Cuneo”. Lo storico sottolinea l’esistenza di “due lunghi tratti di muri difensivi che formavano sistema con la Bastita Nova. Il luogo era notevolmente abitato ed aveva tre chiese. I suoi abitanti concorsero alla fondazione di Cuneo. Dopo alterne vicende, già in parte spopolato, fu occupato nel 1399 dalle bande di ventura degli Armagnacchi e distrutto nel 1400”.
Percorrendo la strada ai piedi della collina del “Castel du Dusu”, che passa nel “valon ‘d y Armariet” e sale per via Pasturone, ci si avvicina, mantenendo la destra alla collina “Renostia”, luogo che segna anche i confini con Robilante e Roccavione.
“Qui le passeggiate si fanno agevoli – proseguono Racca e Giordano – e consentono di costeggiare vecchi tetti in parte ancora abitati, dove una volta esistevano osterie a servizio di antiche mulattiere come la Muntò ‘d l’azu. Inoltrandoci tra pini, larici ed abeti rossi, costeggiando alti castagni tra il fitto di un bosco di conifere, si trova il “Gia du lù”, letto o meglio, lettiera del lupo, perché nell’800 vi dimorava uno degli ultimi lupi della zona”. Proseguendo la passeggiata ci si imbatte in una ordinata segheria e, leggermente discostata dal sentiero, la Fontana “du ruisu” in ricordo del bandito Violino che visse a Fontanelle a fine ‘700. Si narra che una volta tentarono di avvelenarlo ma si salvò bevendo solo l’acqua di questa sorgente. Nel libro “Gli spiriti caldi di fine settecento nel Cuneese”, il Prof. Guido Olivero racconta che Violino “dopo tante battaglie per la causa pubblica ed animato dal bene per la Patria accolse ai primi dell’ottocento l’invito di consegnarsi ai francesi che gli avevano promesso salva la vita. Invece questi gli tesero un’imboscata: giunto con i suoi la mattina stabilita presso l’antica salita della Stura a Cuneo, verso Madonna dell’Olmo, fu ucciso a tradimento con alcuni colpi alla schiena da certi agenti e militi appiattati colà a tale scopo. Brutta fine come tante altre storie di briganti che in quegli anni imperversavano nelle terre cuneesi”.
Inoltrandosi in direzione ovest si raggiunge il Pilone della Battaglia che evoca lo scontro fra l’esercito di Carlo d’Angiò e le truppe del marchese di Saluzzo e Ceva (novembre 1275). Dirigendosi verso Bèc Berciasa si può beneficiare della vista su Fontanelle e Cuneo. “A destra – spiegano Racca e Giordano – troviamo il dirupo “Roca Cruvela” (dal nome dialettale del gheppio) e a sinistra il Garb ‘d la Rana Giana (Regina Giovanna d’Angiò). Poco lontano dal Garb si narra ci fosse un castello angioino, proprio nei pressi del Bec d’Arnostia dalla cui vetta si gode di un bellissimo panorama. Don Gianmichele Gazzola nel raccontare la storia di Brusaporcello in una conferenza a Fontanelle, ci spronò ad andare a cercarlo. Lui aveva trovato dei resti durante una passeggiata. Poche pietre e un paio di scalini di pietra”.