Centallo – Classe 1980, centallese da sempre, l’archeologa Elisa Ariaudo è riuscita a trasformare la propria passione in un lavoro ricco di sfide e difficoltà, ma anche tante soddisfazioni.
Negli ultimi anni, il suo nome è stato accostato in particolare al progetto di valorizzazione del sito archeologico di San Gervasio in regione Madonna dei Prati, promosso dal Comune in collaborazione con la Soprintendenza alle Belle Arti.
Come nasce questa sua passione per l’archeologia?
Per la verità, si tratta di una passione nata piuttosto avanti negli anni: da bambina non ho mai sognato di fare l’archeologa, e dopo le scuole medie mi sono iscritta al liceo scientifico “Ancina” di Fossano, dove ho frequentato l’indirizzo linguistico. Le scuole superiori sono state decisive nel farmi capire quale fosse la mia strada: già nell’estate dopo la maturità ho partecipato a una campagna di scavo promossa dall’Università di Siena e ho subito deciso di iscrivermi in quell’ateneo. Ricordo i quattro anni a Siena come un incredibile periodo di crescita e maturazione: studiare archeologia in quel polo è stato veramente stimolante, il programma si è rivelato ricco di discipline preziose. Tuttavia non ho mai perso il legame con le mie origini cuneesi: anche per questo ho scelto di laurearmi con una tesi sulle terme romane di San Lorenzo di Caraglio.
E dopo?
Una volta conclusi gli studi sono tornata nel cuneese e ho iniziato a lavorare per una ditta di Peveragno. È stato l’inizio di un percorso di professionale ricco di sfide e difficoltà, che all’età di 30 anni mi ha anche spinta a tornare sui libri: mi sono iscritta alla Scuola di specializzazione di Milano e ho conseguito un titolo post laurea in archeologia.
Questo nuovo diploma mi ha permesso di ampliare le mie esperienze e, soprattutto, redigere le cosiddette “verifiche preventive di interesse archeologico”, relazioni che la pubblica amministrazione richiede in occasione della presentazione di progetti pubblici e di pubblica utilità. Da ultimo, insieme ad altri tre colleghi a fine 2015 ho dato vita alla cooperativa Arcop a partire da un ente preesistente.
Ci occupiamo di fare assistenza agli scavi nei centri urbani per la realizzazione di sotto-servizi come acquedotto, fognature e teleriscaldamento, in tutto il Piemonte, e in particolare nei centri di Fossano, Alba e Pollenzo: il nostro compito è fare da collegamento tra il soggetto privato che effettua l’intervento e quello pubblico che tutela il patrimonio storico-archeologico, ovvero la Soprintendenza.
Molti dicono che con una laurea in archeologia non si trova lavoro…
Non è così, ma servono tanti sacrifici e molta determinazione. Di certo il nostro è un mestiere di nicchia: in Italia chi lavora in ambito culturale purtroppo è condannato a vivere sempre sul filo del precariato e dell’incertezza. All’inizio ragionavo anno per anno: ora, finalmente, il lavoro fatto in questo tempo inizia a dare i suoi frutti.
Qual è stato il suo ruolo nella valorizzazione del sito archeologico di Centallo?
Quello di Madonna dei Prati è un sito archeologico molto importante, in cui si sono succeduti una necropoli romana, un edificio residenziale con fasi di vita fino al periodo tardo antico, una chiesa paleocristiana con fonte battesimale dedicata al culto di San Gervasio e una basilica cristiana con tracce di elementi di epoca longobarda. Disseppellire il sito è impossibile e portare i reperti archeologici dal Museo di Antichità di Torino a Centallo è a dir poco difficile: per questo abbiamo deciso con il vicesindaco Antonio Panero di far quantomeno conoscere alla popolazione quest’autentico tesoro nascosto, e abbiamo realizzato una mostra permanente in biblioteca con l’installazione di vari pannelli informativi. Sul posto, inoltre, abbiamo installato anche una segnaletica adeguata, e abbiamo promosso varie attività con le scuole e le associazioni culturali del paese. È molto importante diffondere questa consapevolezza.
Ad oggi i reperti si trovano a Torino, ma non sono visitabili. Che cosa si potrebbe fare per modificare questa situazione?
Ospitare i reperti a Centallo sarebbe estremamente costoso e poco significativo. Un’ipotesi ben più efficace e plausibile sarebbe quella di immaginare una collaborazione con il museo civico di Cuneo, che ha una splendida ala dedicata all’epoca longobarda. Per ora è un sogno, ma sarebbe sicuramente molto bello restituire questo patrimonio a Centallo e al cuneese.