Le domande sull’agricoltura biodinamica, le risposte acquisite nel tempo con l’esperienza diretta e la confutazione delle posizioni che ne squalificano la portata a livello produttivo e di sostenibilità sono i temi sviluppati nei saggi. Non si tratta, dice Petrini, di un rifiuto del progresso, ma della presa di coscienza che “il modello produttivistico-industriale ha smesso di generare un benessere diffuso”.
Percorre queste pagine una tensione tra passato e futuro. Guardare avanti è indispensabile, ma si avverte la necessità di non scordare la ricchezza di saperi pratici accumulata. D’altro lato sarebbe ingenuo sottovalutare le acquisizioni della scienza per adagiarsi in un ritorno al passato.
La questione si sposta sul lato della produzione e del sistema economico che la sostiene. La crescente specializzazione e standardizzazione dell’agricoltura risponde a esigenze dettate dall’industria non dai consumatori o dai produttori. L’industria agricola ha come obiettivo non la ricerca di un equilibrato uso delle risorse, ma il continuo aumento della produttività.
In questa logica non trova spazio l’agroecologia e la biodinamica. La prima infatti prevede una produzione in adeguata quantità nel rispetto dei sistemi ecologici integrandoli con tecniche che non sostituiscono la natura, ricorrendo a fertilizzanti chimici, bensì sfruttano quelle potenzialità insite nel terreno.
La biodinamica integra questi presupposti aprendo a una visione più ampia. Può sembrare “strano” che in un argomento dagli evidenti aspetti tecnico-scientifici si imponga una dimensione di spiritualità come elemento fondante dell’approccio alla produzione. La considerazione del terreno come “essere vivente” sta alla base della relazione tra uomo e ambiente. Se gli uomini sono uniti e parte di questo ambiente, l’attività umana si svolge in un ecosistema, lo condiziona e a sua volta ne è condizionata. La spiritualità parla di una concezione dell’uomo contestualizzato nell’ambiente, gli affida la responsabilità di preservarlo in vista non di un egoistico sfruttamento, bensì nella logica dell’impegno verso le generazioni future.
Il forte richiamo all’immaterialità sembra stridere con la concretezza del lavoro agricolo, così “terrigno”. Eppure è il contesto culturale in cui trova senso un giusto rapporto con la terra che a sua volta apre anche una finestra sulle questioni di giustizia distributiva di risorse e profitti, dei rapporti tra aree geografiche, delle modalità di consumo del cibo. Insieme conferma il concetto di sostenibilità come “compromesso tra obiettivi economici, bisogni dell’uomo e caratteristiche della natura”.
Biodinamica, stregoneria o agroecologia?
di autori vari
Editrice Slow Food
euro 16,5