Singolare che a scrivere una storia d’amore sia un sacerdote, don Piero Gallo “prete di frontiera” conosciuto per le sue dichiarazioni sull’esplosiva situazione sociale nel quartiere torinese di San Salvario. Certo è un evidente segno di testimonianza sia sulla popolazione kenyota, che lui stesso ha conosciuto e con cui oggi in Africa è tornato a lavorare, sia anche sulla sua costante preoccupazione pastorale per un dialogo interetnico.
Per dialogare bisogna anzitutto conoscersi, sembra dirci. Per questo il romanzo, nella sua linearità, non si lascia mai sfuggire l’occasione di rimandare a usanze e tradizioni della popolazione in cui è ambientato. Ne sono un evidente esempio le prime pagine quando, sfrondando le righe del superfluo narrare, immerge il lettore subito nel “caso” di Wario e Gumato, giovani kenyoti legati da sincero affetto: Wario scavalca la tradizione quando si presenta direttamente ai genitori di Gumato, la ragazza cui ha promesso il suo amore, portando i doni per chiedere il permesso di sposarla. Non ottiene il consenso, ma neppure si perde d’animo.
Wario sa bene anche di essere un Wata, popolazione da sempre ritenuta inferiore dai Gabra cui appartiene Gumato. Di nuovo però la sua intraprendenza giovanile lo spinge a superare questi “confini”. Lui stesso raggiunge la città da cui il suo villaggio sembra una piccola cosa.
Il romanzo procede così seguendo alternativamente i due personaggi con discrezione e delicatezza. Ogni momento è occasione per immergersi nel mondo africano dal caos delle strade urbane alla vita ai bordi del deserto, dalle aspirazioni verso una vita diversa alle tradizioni vissute come parte di sé da rispettare eppure sfiorate da tentazioni di fughe in avanti, ferite da incomprensioni e pregiudizi che i due giovani sfidano.
Un amore nel deserto
di Piero Gallo
Editrice Sanpino
euro 15