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Domenica 22 dicembre 2024

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Nella Villa Romana di Costigliole Saluzzo la prima “cantina” del sud del Piemonte

Continuano le ricerche e i ritrovamenti in una superficie di 4.000 mq dove si sono trovate il primo impianto di produzione vinicola con stoccaggio di vino e alimentari, il meglio conservato dell’Italia settentrionale

La Guida - Nella Villa Romana di Costigliole Saluzzo la prima “cantina” del sud del Piemonte

Costigliole Saluzzo – Non solo i tre castelli, il borgo medievale, le costruzioni antiche e suggestive, ma Costigliole parla anche “latino”.

Nuove scoperte sono emerse con le indagini e gli scavi archeologici effettuati dai ricercatori e studiosi nell’area della Villa Romana di Costigliole Saluzzo. Il cantiere è attivo ormai dal 2003 e ha portato alla luce un importantissimo insediamento romano tardoantico, in un’occupazione territoriale molto estesa e fitta, per una superficie pari a quasi 4000 mq, che si sviluppa a partire dall’età augustea fino al V secolo dopo Cristo. Un sito ubicato in una posizione strategica, all’incontro tra lo sbocco in pianura della valle Varaita e l’importante direttrice pedemontana che univa, tra le altre, Forum Germana (attuale Caraglio) e Pedona (Borgo San Dalmazzo) al nord del Piemonte, conducendo i viandanti, attraverso le Alpi marittime, verso le Gallie.

L’esplorazione ha consentito di individuare, nel tempo, una villa romana ed un insediamento tardo antico che gettano nuova luce sulle modalità di occupazione e sfruttamento del territorio di quel periodo. La villa aveva una destinazione rustica, a controllo di un’ampia proprietà terriera, ospitando ambienti residenziali e spazi destinati alla trasformazione e stoccaggio delle derrate alimentari, come testimonia l’impianto di produzione vinicola scoperto. Sono apprestamenti e vasche per la pigiatura dell’uva e la raccolta del mosto. L’interesse di questa scoperta risiede nel fatto che si tratta a tutt’oggi del primo impianto per la produzione vinicola rinvenuto nel Piemonte meridionale, tra i meglio conservati in tutta l’Italia settentrionale. L’edificio serviva inoltre allo stoccaggio del vino e forse di altre derrate alimentari. Nel complesso erano presenti anche aree caratterizzate da un maggiore impegno costruttivo, a destinazione residenziale, come dimostra il rinvenimento di un ambiente pavimentato con un raffinato cocciopesto decorato da motivi a croce, realizzati con tessere in pietra bianca e grigia, nonché di un ampio cortile interno pavimentato con un’accurata gettata di pietrisco bianco impreziosita da bande in mosaico a tessere grigie.

L’esplorazione ha inoltre consentito il ritrovamento di numerosi reperti – ceramiche fini da mensa di produzione regionale e di importazione dall’Italia centrale, dalla Gallia e dall’Africa settentrionale; ceramiche per la cottura e la conservazione dei cibi; anfore; utensili in metallo; piccoli contenitori in vetro; laterizi; vasi in pietra; lucerne ecc. – che contribuiscono a ricostruire le attività quotidiane e la rete dei rapporti commerciali in cui era inserito il sito di Costigliole. Tra le più interessanti scoperte nel principale edificio: ambienti residenziali e adibiti allo stoccaggio delle derrate agricole e una vasta sala che ha rivelato la presenza di due profonde vasche gemelle, decorate con modanature e accuratamente rivestite di malta, che rappresentano a tuttoggi un ritrovamento unico nell’edilizia privata di età romana nella nostra regione. Presso il corso del torrente Varaita sono stati trovati materiali dell’età del Ferro: (VI- V secolo a.C.) relativi a un villaggio ligure. Sulla collina del castello tracce di un abitato utilizzato sino al II secolo a.C.

Ma sono molte le nuove scoperte a dimostrazione che quello dell’archeologo è un “mestiere” sempre attuale, che contribuisce alla conoscenza storica in un quadro interdisciplinare insieme a specialisti di vari ambiti, come l’architettura, la chimica, le scienze agrarie e forestali, le scienze della terra e la biologia, che ricorrono a molteplici tecniche di indagine e analisi di laboratorio, come la termoluminescenza o la spettroscopia.           

Le ricerche erano state presentate dal Fai di Cuneo con il Dipartimento Studi Storici dell’Università di Torino.

“Possiamo viaggiare solo leggendo, oppure anche vedendo le magnificenze delle nostre città e dei paesaggi illesi. Ma non tutte le civiltà sono visibili.” Afferma Roberto Audisi del Fai di Cuneo, richiamando Andrea Carandini, uno dei più grandi archeologi italiani, già presidente del Fai. “Per restituire la vita e rivedere quanto si è trasformato in strati sotto i nostri piedi, serve l’archeologo che sa smontare le azioni umane come le bacchette nel gioco dello Shanghai. Ed è esattamente questo che vorremmo fare: restituire frammenti di vita romana seppelliti dagli strati del tempo, rivivendo le azioni umane che, in questa villa, si sono susseguite”. 

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