Per accogliere questa antologia di racconti bisogna aver ben chiaro che la narrativa non è cronaca. Ne hanno consapevolezza anche i curatori allorché precisano che scrivere di guerra non è facile. Ma forse sarebbe meglio dire “narrare” la guerra, come operazione di rilettura dell’evento bellico facendo appello non solo al risvolto storico o politico, ma alla capacità inventiva dell’autore la quale trasfigura la cronaca in un concatenarsi di eventi non necessariamente reali.
Per questo tutti i racconti sono segnati da uno sforzo di sollevarsi dal “caleidoscopio di sangue”. Nel rileggere l’esperienza bellica, lo scrittore sceglie la lente della fantasia, dell’invenzione che risponde anzitutto alla propria sensibilità. In un mondo affamato di comunicazione, questo approccio non è carenza, bensì uno dei tentativi di rappresentare l’orrore.
Alcuni di questi racconti già sono frutto di un primitivo narrare dei testimoni diretti. Il nonno ritorna alla sua permanenza a Corfù, e consente al nipote di valorizzare i gesti di aiuto che gli abitanti ebbero verso i soldati italiani. Fernando e Teresa rivivono lo smarrimento dei rifugi antiaerei sotto il bombardamento di Torino, poi rimangono stupiti al sentir cinguettare i passerotti “forse perché avevano bisogno di qualcosa di dolce per contrastare l’amaro della vita”.
È invenzione che spesso diventa tragico specchio del reale. Si riflette nell’autocrate che “ha bisogno” di un nemico per ricostruirsi l’immagine pubblica, nel cecchino sul campanile, nell’assurda guerra “semivirtuale” di un’umanità ridotta a merce di un gioco.
Bisogna cercarli questi “spiragli” di luce. Non sempre è immediato trovarli. Sono nascosti soprattutto nel racconto stesso dell’assurdità della guerra che, in un improvviso capovolgimento di ruoli, diventa condanna come la scoperta del giovane cecchino cui si svela in punto di morte ogni sua tragica incursione.
Spiragli
di Aa.Vv.
Editrice Neos
15 euro